mercoledì 7 dicembre 2011

Doublespeak nel pensiero politico di Thomas Hobbes

Prefazione
Hobbes è sicuramente un autore affascinante: semplice, persuasivo, chiaro. I suoi testi si leggono facilmente, piacevolmente; riesce, durante la lettura, a farti pensare continuamente che quello che dice è ovvio, consequenziale alle affermazioni precedenti: in pratica esatto. Ma è davvero così lineare il suo pensiero? Dice veramente tutto quello che pensa, o alcuni particolari non sono invece esplicitati, lasciati dunque ad un attento studio del lettore, che analizzando varie parti del testo può notare come in alcuni nodi concettuali la soluzione non solo non è scritta nel testo, ma a volte sembra, e sottolineo sembra, contraddire quanto l’autore afferma? È questo forse l’aspetto che più mi affascina di Hobbes: la sua capacità retorico-logica1 con la quale egli riesce a scrivere una cosa, intenderne un’altra e soprattutto non mentire mai al suo lettore. Perché la risposta, dopo aver arato accuratamente il testo è lì, chiara quanto prima lo era il contrario. Ma ancora una volta, la soluzione è perfettamente logica.
Introduzione
Nel corso di questo breve testo prenderò ad esempio due casi dove, a mio giudizio, è presente un doublespeak nel pensiero politico di Hobbes. L’esposizione non si basa sulla retorica, ma su passaggi il più logico possibili, per poter avere una maggiore consequenzialità possibile. Si eviteranno di introdurre nel testo tutti i riferimenti a conferma delle testi sostenuti, limitando a inserire per intero i più indicativi, lasciando alle note il compito di riportare altri passi che possano aiutare a meglio intendere il pensiero di Hobbes.

I CAPITOLO:
IL SUDDITO PUO’ RIFIUTARSI DI ANDARE IN GUERRA?

1.1 Esposizione del problema
Gli uomini si uniscono nello stato per poter rispondere al loro istinto di autoconservazione, su questo non ci sono dubbi. Altrettanto chiaro è che andando in guerra una persona rischia la sua vita, quindi è lecito domandarsi se il suddito sia obbligato ad combattere. Ovviamente Hobbes considera questo problema e nel capitolo XXI del Leviatano, quello dedicato alla libertà dei sudditi, scrive:
… un uomo al quale venga comandato di combattere come soldato contro il nemico, sebbene al sovrano non manchi il diritto di punire il suo rifiuto con la morte, può nondimeno, in molti casi, rifiutarsi senza ingiustizia, come quando si fa sostituire da un soldato sufficientemente idoneo, poiché in questo caso non diserta dal servizio verso lo stato.2
Quindi per timidezza, inattitudine sembra che uno possa rifiutarsi di andare a combattere, anche per evitare che poi quest’ultimo fugga di fronte al nemico. Tuttavia ci sono dei passi in questo passaggio che non mi convincono. Il primo è che io posso sì rifiutarmi, ma il sovrano mi può uccidere. Sarebbe meno probabile una morte sul campo di battaglia rispetto ad un tentativo di fuga dal sovrano. Ma non è questo il punto esatto, rappresentato invece dal fatto che non ci si può rifiutare di andare a combattere sempre, bensì in molti casi. Dunque, in che situazioni non è possibile un rifiuto. Puntuale nella pagine seguente arriva la risposta:
E quando la difesa dello stato richiede subito l’aiuto di tutti coloro che sono in grado di portare le armi, OGNUNO E’ OBBLIGATO (maiuscolo mio), perché altrimenti l’istituzione dello stato, se non si ha il proposito o il coraggio di conservarlo, è stata vana3
A questo punto sembrerebbe chiara una distinzione in due tipologie di guerre, una in difesa dello stato e una di altro tipo. In questa situazione solo nelle battaglie corrispondenti alla prima tipologia sarei obbligato a prestare servizio militare, mentre nelle altre potrei essere esentato. La disputa sembrerebbe chiara. Ma siamo così sicuri che per Hobbes esistano guerre che non siano per la difesa dello stato?

1.2 Ogni guerra è per la difesa dello stato
Nel XIII capitolo del “De cive” si legge chiaramente che il dovere del sovrano è quello di ottenere la salus populi, la sua conservazione. Se all’interno dello stato ciò si ottiene mediante le leggi, più complicato è estendere tale sicurezza in campo internazionale: gli stati si trovano tra di loro in stato di natura, ovvero di guerra tutti contro tutti. Ma a chi spetta il compito di gestire le truppe e le strategie militari? Ovviamente al sovrano: è lui il depositario della spada di guerra. Ma esattamente in cosa consiste questa spada? Troviamo la riposta nel XIII capitolo del Leviatano: «In nono luogo, è concesso con la sovranità il diritto di far guerra e la pace con le altre nazioni e con gli altri stati, vale a dire, di giudicare quanto essa è per il bene pubblico, quante forze debbano essere riunite, armate e pagate per quel fine, e di imporre tributi ai sudditi per pagare la spesa di essa».
Risulta dunque evidente che tutte le guerre sono fatte in vista del bene pubblico: la salvezza dello stato. Facile è intuire che di tal genere siano le guerre difensive; bisogna considerare le guerre offensive come guerre preventive per capire quello che Hobbes vuol sostenere. Non ci sono differenze nel tipo di guerra né a seconda della forma di governo, né a seconda della dimensione dello stato. L’unica guerra di diverso tipo, ma ininfluente per la discussione in atto, è quella contro gli abitanti dell’allora neo-scoperto continente americano.Se uno si chiedesse se il sovrano potrebbe, per suo diletto o per vendicare un’offesa, dichiarare guerra, Hobbes afferma con vigore che egli non può farlo.

1.3 Conclusione
Con queste basi si può formulare una conclusione quasi sillogistica. Il primo passaggio consiste nel distinguere due tipi di guerra: quella per la difesa dello stato e un secondo tipo di guerra che si può anche non determinare esattamente. Una volta effettuata la distinzione si vede come nel primo caso non è possibile un rifiuto di scendere in battaglia, a differenza di quanto accade nella seconda tipologia di guerra. Il secondo passaggio, esposto nel secondo capitolo, mostra come esistano solo guerre per la difesa. Quindi a un livello puramente teorico si può affermare che un suddito possa rifiutarsi di andare in battaglia, ma a livello pratico ogni guerra decisa dal sovrano è per la salvezza della patria, quindi ognuno è obbligato a combattervi. La cosa straordinaria è che Hobbes non cade in contraddizione, inserisce solamente un insieme vuoto di possibilità dove ci si può rifiutare. A prima vista non lo si nota, ma collegandolo con altri passaggi del testo è evidente.

Semplicemente geniale
Pietro Giuliani originale su https://sites.google.com/site/phiperfilosofia/doublespeak-in-hobbe

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