giovedì 29 dicembre 2011

L'essenza della modernità

L’ESSENZA DELLA MODERNITÀ: PIRANDELLO e i SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE


Luigi Pirandello non è uno di quegli autori che non si riescono ricordare perché ce ne sono talmente tanti uguali che fatichiamo a tenere il conto. Come lui ne nasce uno ogni secolo, se siamo davvero fortunati, anzi per la nostra letteratura direi che come lui ce ne sono forse altri due, o forse nessuno. Neanche il beneamato poeta Dante, a mio avviso, può vantare una simile “altezza d’ingegno”, e so che questa affermazione potrebbe costarmi cara, ma ne sono estremamente convinta.


Chi come Pirandello ha infatti saputo esprimere tutte le incertezze della modernità? Chi come lui è riuscito a incarnare appieno la contraddittorietà dell’uomo, i mille volti della sua inspiegabile interiorità, senza dimenticare però di relazionarla con l’esterno? Come si legge nel saggio critico di D. H. Lawrence “”The Future of the Novel” (1923), egli non ha certo peccato di “self-consciousness”, cioè di egoistico piagnucolio ed eccessiva attenzione per l’interiorità più personale dell’uomo. Nelle sue opere, teatrali e non, c’è ben altro che un resoconto di tutti i processi mentali e inconsci della nostra personalità.


Uno dei lavori che più ci fa capire il perché di queste affermazioni è senza dubbio Sei personaggi in cerca d’autore, commedia del 1920 che fa parte della nota Trilogia del teatro nel teatro (insieme a Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a suo modo). Difficile fu per Pirandello metterla in scena: la prima a Roma fu un vero disastro, accompagnato dagli stereotipati lanci di pomodori, con corredo di tentate aggressioni fisiche al geniale autore. Ma Pirandello non si diede per vinto e continuò a lavorarci, apportando modifiche anche notevoli alla messa in scena, per renderla sempre più spettacolare e meno “cervellotica”, accusa alle sue opere che andava per la maggiore.


Questa è in breve la trama: una compagnia teatrale sta provando Il giuoco delle parti dello stesso Pirandello quando all’improvviso sbucano dal nulla quattro adulti e due bambini, che dicono di essere “Personaggi in cerca d’Autore” per il loro “dramma familiare”. Il Capocomico e gli Attori rimangono letteralmente scioccati oltre che un po’ seccati, ma dopo che il Padre ha spiegato le ragioni delle loro parole, il Capocomico decide di accettare la sfida e comincia ad assegnare le parti. Il tentativo si rivela però un vero e proprio fallimento: i Personaggi non sono per niente soddisfatti dell’interpretazione degli Attori, tanto che vorrebbero recitare direttamente loro, in modo da superare quella barriera che inevitabilmente porta a cambiare qualcosa durante la performance attorale. Ma anche questo esperimento si rivela disastroso, perché non fa che rinnovare il dolore della Madre, rifiutata da un Figlio che si è sentito abbandonato e preoccupata per l’integrità perduta della Figliastra. Dopo una serie di battibecchi tra Figliastra e Padre, Figlio e Madre, Figlio e Padre e chi più ne ha più ne metta, il dramma prende vita in tutta la sua tragicità: il Giovinetto si suicida dopo aver visto morire la Bambina, annegata perché voleva prendere un’anatrella nella vasca del giardino della casa del Padre.


Una famiglia divisa è dunque al centro della commedia di Pirandello, e fin qui niente di nuovo: i suoi precedenti “drammi borghesi” ( Il giuoco delle parti, Così è (se vi pare), Tutto per bene, ...) sono tutti incentrati sui difficili rapporti familiari e sociali che animano la vita quotidiana di tutti noi, fatta di tante contraddizioni e verità non svelate. Ma nei Sei personaggi Pirandello va oltre, toccando la delicatissima questione del rapporto tra testo e autore che anima tutto il primo Novecento: il testo, e i personaggi ovviamente, esistono anche al di là del loro autore? Pirandello dà un’interpretazione contraddittoria della faccenda.


Nel primo atto, infatti, fa dire al Padre che i personaggi vivono una vita propria e autonoma in un “oltre” immateriale, che prende forma però soltanto quando l’autore decide di farlo. Proprio per questo si sono rivolti al Capocomico, affinché una volta per tutte rappresenti questo terribile dramma che li strazia, fatto di tradimenti, prostituzione, incomprensioni, rancori e morti tragiche. Solo il Capocomico può dare ai personaggi la libertà di non rimanere intrappolati nella dimensione eterea di cui fanno parte, che non li soddisfa pienamente in quanto non può essere definita vera vita. Ma la commedia propone un ulteriore quesito: dove risiede la sottile barriera tra verità e finzione? C’è davvero differenza tra vita e messa in scena?


DE LULLO E LA COMPAGNIA DEI GIOVANI: UNA GENIALE INTERPRETAZIONE DEL DRAMMA DEI SEI


Al di là delle edizioni messe in scena sotto la supervisione dell’autore, un’interpretazione che consiglio a tutti di vedere è quella della Compagnia dei Giovani per la regia di Giorgio De Lullo, risalente al 1963. Fresca, divertente e drammatica al tempo stesso, inserita perfettamente nel suo tempo ma contemporaneamente aderente all’epoca in cui Pirandello scrisse la commedia, e adattissima anche per la nostra, l’edizione di De Lullo fu poi messa in onda in Rai, e portata in tutta Europa durante una tournée organizzata in occasione degli scambi con l’URSS.


Magistrale l’interpretazione di Romolo Valli, che, nel ruolo del Padre, coinvolge coi suoi monologhi strazianti ed emozionanti. L’animo di Pirandello è tutto concentrato in questo personaggio, che come tutti noi pecca di debolezza e autoindulgenza ma sa perfettamente rappresentare anche il lato migliore dell’umanità.


Una giovanissima Rossella Falk impersona l’irriverente Figliastra con talento e grinta: divertenti e pungenti le sue frecciate al padre, agghiaccianti le sue risate isteriche, commovente il suo affetto per la Bambina. Questo personaggio è ancora più umano e contraddittorio del precedente, perché concentra in sé rabbia e dolcezza, irrazionalità e serietà, coraggio e paura.


Da segnalare anche il Primo Attore, zimbello di tutta la compagnia per le arie che si dà ininterrottamente; la Prima Attrice, una vera diva, che fa quello che vuole, arriva quando vuole alle prove e se ne frega di tutto e tutti, salvo poi mostrarsi gelosa e con qualche debolezza di fronte al fascino della Figliastra.


Interessante anche il Capocomico, evidente parodia del precisissimo e a volte troppo pignolo De Lullo, che non sopporta l’insubordinazione degli Attori e dei Personaggi ma si inorgoglisce quando gli viene proposto di divenire l’Autore della “commedia da fare”. Simpatica macchietta il Suggeritore, che anima l’incipit della commedia con incomprensioni e fraintendimenti, dovuti al suo udito ormai scarso. Da segnalare, infine, il personaggio di Madama Pace, reso simpatico e anche un po’ ridicolo dal suo parlare spagnoleggiante, ma che in realtà nasconde la fierezza e il fascino del male.


Tutto da godere, insomma, questo spettacolo, ma anche da vivere con intensità e sofferta partecipazione, riflettendo su quale sia la vera vita, e se in fondo quella che viviamo ogni giorno non sia poi tutta una “commedia da fare”.

Roby <^>


ps. Ecco alcune scene tratte dalla messa in onda in Rai


http://www.youtube.com/watch?v=0WM33uXglXo: Il Padre riflette sulla molteplicità e la contraddittorietà della natura umana



http://www.youtube.com/watch?v=VWkDnQfb__4: L'immortalità del Personaggio

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