sabato 30 maggio 2015

L'isola che non c'è più. Cronaca di un sogno musicale infranto

L'Isola di Wight, eterno amore di generazioni di spiriti liberi respiranti musica, ci lascia dopo anni di successi. Tutte le novità dal luogo del decesso.

Notizia sensazionale: l'Isola di Wight è stata sommersa. Se siete convinti che esista ancora, vi consiglio di non leggere questo articolo. Oppure di leggerlo, se preferite rendervi conto della triste realtà dei fatti. A voi la scelta, testa o croce.

Come dimenticare quella canzone, che ha un sapore tutto italiano pur avendo cercato l'Inghilterra con tutta la sua forza? “Sai cos'è l'Isola di Wight? È per noi l'isola di chi ha negli occhi il blu della gioventù, di chi canta: “hippy, hippy, hip, hip!”. Per chi ama quello spirito un po' flower power che in realtà non gli appartiene per niente, perché nasconde il fuoco della sua passione in un involucro di marmo, l'idea di visitare la famosissima Isola di Wight non può che essere fonte di immenso giubilo. E con quello spirito di 24enne che non ha vissuto i favolosi anni '60 e '70 e proprio per questo li ama, mi avviavo quasi un anno fa a calpestare quell'erba profumata coi miei piedi vibranti di musica, che calzavano sandali marroni con le frange tipo squaw indiana, perché anche in quelli ci vedevo (e ci vedo tuttora) un non so che di figlia dei fiori.
Ci sono andata per lavoro, all'Isola di Wight: accompagnavo con dei colleghi 34 ragazzini tra i dieci e i 14 anni che non avevano la più pallida idea di dove fossero e di cosa significasse l'Isola di Wight. A parte una, la più piccola, di neanche undici anni: una frignona che non faceva che piangere perché voleva la sua mamma; esattamente colei che le cantava spesso L'Isola di Wight dei Dik Dik.
Non avresti dato un soldo a quella ragazzina viziata che voleva essere ovunque tranne che lì; eppure, lei sapeva quella canzone, cosa rara a dieci anni. E poi, vorrei vedere me e voi a dieci anni da soli senza genitori in Inghilterra, in mezzo a sconosciuti tutti più grandi di noi, per due lunghe, lunghissime settimane.
Tante le mie aspettative nei confronti di quel paradiso verde speranza, dopo anni di acculturamento musicale su un passato ormai troppo lontano, su una cultura disperatamente cercata che forse non esiste e non esisterà mai più. Insomma, ancronistica ormai.

Il verde, l'azzurro e il bianco ci sono ancora all'Isola di Wight, e ci sono per davvero: splendidi, soprattutto per chi frequenta spesso la piatta, monotona Milano.
I ragazzi fanno un bagno freddissimo nelle acque blu del canale della Manica (almeno i più coraggiosi); gli adulti giocano con i ciottoli bianchi e grigi della spiaggia. Io sono tra questi; e intanto, mi guardo in giro per cercare di avvertire nell'aria quegli anni di musica: le vibrazioni dei Jefferson Airplane, dell'immenso Bob Dylan, del mitico Jimi Hendrix, degli immortali Doors, delle grandi Joan Baez e Joni Mitchell.
They paved paradise, put up a parking lot”. Nulla di tutto questo esiste più. Poco importa che dal 2012 il Festival dell'Isola di Wight sia stato ripristinato e vi abbiano partecipato i Red Hot Chili Peppers, i Coldplay, perfino l'eterno Paul Mc Cartney. I ciottoli dell'Isola di Wight non vibrano affatto di quella musica, ma delle corse forsennate dei bambini che cercano di divertirsi più che possono mentre sono via dai genitori (di cui però hanno una disperata nostalgia).
Molly, gruppo degli adulti, vent'anni, inglese, tudia italiano all'università. Mi chiede se la sento ancora quell'aria di ribellione e di buona musica che la canzone dei Dik Dik mi ricorda.
No, l'Isola di Wight non esiste più: è diventata un resort turistico estremamente bello, ma completamente immobile. Inerte a ogni vera vibrazione musicale. Condoglianze vivissime, Isola di Wight. Rest in peace.