lunedì 4 febbraio 2013

VisioniAlternative: Io sono Li (2011)




È la prima volta che parlo di un film italiano su questo blog. Inutile nascondere che il nostro cinema non se la passa molto bene negli ultimi tempi, anche se ultimamente qualche bella sorpresa è venuta fuori. Il problema dell’Italia di oggi a mio parere è uno, applicabile in tutti i settori: per trovare idee fresche, originali bisogna dare spazio ai giovani e scovare i talenti, quelli veri. E l’Italia sembra essere un paese di vecchi e per i vecchi. Ed è un peccato, perché le idee e anche le persone per realizzare qualcosa di innovativo e produrre film di qualità ci sarebbero anche. Ma sono per lo più oscurati, boicottati e penalizzati da un sistema produttivo e peggio ancora distributivo a dir poco scandaloso, che punta solo ai soldi facili e concede spazio e pubblicità a un cinema leggermente più “impegnato” solo quando ci sono di mezzo i soliti nomi noti. Mentre invece si potrebbe e dovrebbe investire su nomi nuovi e emergenti. Comunque, come dicevo, non tutto è da buttare: in Italia di film belli se ne fanno ancora. Bisogna solo impegnarsi un po’ di più per scovarli.
Questo in particolare l’ho trovato di una sensibilità e una delicatezza eccezionali, davvero poco “italiche”, oltre che di pregevole fattura. Da sottolineare che questa pellicola ha vinto a fine 2012 il Premio Lux assegnato dall’Unione Europea ogni anno al film europeo che meglio di tutti incarna gli ideali di solidarietà, incontro e cooperazione tra culture diverse che sono alla base dell’Unione.

Io sono Li di Andrea Segre è il film che segna l’esordio del 36enne regista veneto alla regia di un lungometraggio di fiction, dopo una lunga esperienza come documentarista. E soprattutto è un film davvero splendido, un’opera ricca di poesia e sentimenti genuini. La storia della profonda e tenera amicizia tra la cinese Shun Li, immigrata clandestina in Italia, e Bepi, pescatore slavo, sullo sfondo della laguna di Chioggia è raccontata con mano ferma e senza retorica. Ogni sguardo e silenzio dei personaggi è in grado di trasmettere emozioni pure e autentiche allo spettatore. Il regista sceglie di adottare uno stile sobrio, dosando i dialoghi al minimo e lasciando spazio ai non detti, alle emozioni discrete e mai esasperate che traspaiono dai volti dei protagonisti e agli scenari che fanno da contorno alla vicenda. Le splendide e prolungate inquadrature della laguna veneta, che testimoniano la grande esperienza del regista come documentarista, non sono mai fini a sé stesse ma rispecchiano sempre gli stati interiori dei personaggi.





Sorprende in un regista giovane, anche se non certo alle prime armi, la grande cura dell’immagine e la capacità di fondere insieme toni lirici e simbolismo con un rigoroso realismo. Particolarmente felice  in questo senso la scelta di usare il dialetto veneto insieme al cinese entrambi accompagnati dai sottotitoli, che accentuano l’impostazione quasi documentaristica della vicenda. La rappresentazione della provincia lagunare e dei “tipi” umani che la popolano non scade mai negli stereotipi e nella resa macchiettistica dei personaggi, tutti profondamente veri e sinceri. Emergono così in modo molto veritiero pregi e difetti del popolo chioggese (che si erge a simbolo di una precisa realtà provinciale tipicamente italiana) caratterizzato da una grande laboriosità e una spontanea generosità e apertura al prossimo, eppure in qualche modo frenato da certi pregiudizi duri a morire. Dall’altra parte troviamo invece una donna orientale dal carattere forte che tira avanti con grande fermezza per la sua strada, pur aggirandosi spaesata e malinconica in un paesaggio che conosce bene, venendo da una zona di mare, eppure così “straniero” e ostile.


“Io sono Li” è un film intriso di poesia e di delicati simbolismi (l’opposizione costante mare/laguna ritorna lungo tutto il film a rappresentare la “prigione” della quotidianità dalla quale Shun Li aspira al mare sconfinato, alla libertà). L’unica via d’uscita concessa alla donna dal grigiore del bar dove lavora è la poesia, che irrompe nel film attraverso la festa tradizionale cinese del Poeta con le sue luci, e attraverso la figura di Bepi, che è conosciuto da tutti come “Il poeta” per la sua abilità con le rime. Il vecchio pescatore si dimostrerà davvero poeta nell’animo, accogliendo Shun Li nella sua vita e trovando a sua volta nella donna un punto di appoggio. Il film in fondo non racconta altro che l’incontro tra due solitudini che finirà per influenzare drasticamente non solo la vita dei due protagonisti, ma anche di tutti coloro che sono intorno a loro, al punto da essere portatore di rottura all’interno di un mondo che sembra perfetto proprio in quanto immutabile.


Da applausi l’interpretazione di tutto il cast (su tutti la splendida Zhao Tao premiata con il David di Donatello e il croato Rade Serbedzija nel ruolo dei due protagonisti) per un piccolo gioiello del cinema italiano che porta la firma di un giovane autore assolutamente da tenere d’occhio.





/Fabio/