L'Isola di Wight, eterno amore di
generazioni di spiriti liberi respiranti musica, ci lascia dopo anni
di successi. Tutte le novità dal luogo del decesso.
Notizia sensazionale: l'Isola di
Wight è stata sommersa. Se siete convinti che esista ancora, vi
consiglio di non leggere questo articolo. Oppure di leggerlo, se
preferite rendervi conto della triste realtà dei fatti. A voi la
scelta, testa o croce.
Come
dimenticare quella canzone, che ha un sapore tutto italiano pur
avendo cercato l'Inghilterra con tutta la sua forza? “Sai cos'è
l'Isola di Wight? È per noi l'isola di chi ha negli occhi il blu
della gioventù, di chi canta: “hippy, hippy, hip, hip!”. Per chi
ama quello spirito un po' flower power che in realtà non gli
appartiene per niente, perché nasconde il fuoco della sua passione
in un involucro di marmo, l'idea di visitare la famosissima Isola di
Wight non può che essere fonte di immenso giubilo. E con quello
spirito di 24enne che non ha vissuto i favolosi anni '60 e '70 e
proprio per questo li ama, mi avviavo quasi un anno fa a calpestare
quell'erba profumata coi miei piedi vibranti di musica, che calzavano
sandali marroni con le frange tipo squaw indiana, perché anche in
quelli ci vedevo (e ci vedo tuttora) un non so che di figlia dei
fiori.
Ci sono andata per
lavoro, all'Isola di Wight: accompagnavo con dei colleghi 34
ragazzini tra i dieci e i 14 anni che non avevano la più pallida
idea di dove fossero e di cosa significasse l'Isola di Wight. A parte
una, la più piccola, di neanche undici anni: una frignona che non
faceva che piangere perché voleva la sua mamma; esattamente colei
che le cantava spesso L'Isola di Wight dei Dik Dik.
Non avresti dato un soldo
a quella ragazzina viziata che voleva essere ovunque tranne che lì;
eppure, lei sapeva quella canzone, cosa rara a dieci anni. E poi,
vorrei vedere me e voi a dieci anni da soli senza genitori in
Inghilterra, in mezzo a sconosciuti tutti più grandi di noi, per due
lunghe, lunghissime settimane.
Tante le mie aspettative
nei confronti di quel paradiso verde speranza, dopo anni di
acculturamento musicale su un passato ormai troppo lontano, su una
cultura disperatamente cercata che forse non esiste e non esisterà
mai più. Insomma, ancronistica ormai.
Il verde, l'azzurro e il
bianco ci sono ancora all'Isola di Wight, e ci sono per davvero:
splendidi, soprattutto per chi frequenta spesso la piatta, monotona
Milano.
I ragazzi fanno un bagno
freddissimo nelle acque blu del canale della Manica (almeno i più
coraggiosi); gli adulti giocano con i ciottoli bianchi e grigi della
spiaggia. Io sono tra questi; e intanto, mi guardo in giro per
cercare di avvertire nell'aria quegli anni di musica: le vibrazioni
dei Jefferson Airplane, dell'immenso Bob Dylan, del mitico Jimi
Hendrix, degli immortali Doors, delle grandi Joan Baez e Joni
Mitchell.
“They
paved paradise, put up a parking lot”. Nulla di tutto questo
esiste più. Poco importa che dal 2012 il Festival dell'Isola di
Wight sia stato ripristinato e vi abbiano partecipato i Red Hot Chili
Peppers, i Coldplay, perfino l'eterno Paul Mc Cartney. I ciottoli
dell'Isola di Wight non vibrano affatto di quella musica, ma delle
corse forsennate dei bambini che cercano di divertirsi più che
possono mentre sono via dai genitori (di cui però hanno una
disperata nostalgia).
Molly, gruppo degli
adulti, vent'anni, inglese, tudia italiano all'università. Mi
chiede se la sento ancora quell'aria di ribellione e di buona musica
che la canzone dei Dik Dik mi ricorda.
No, l'Isola di Wight non
esiste più: è diventata un resort turistico estremamente bello, ma
completamente immobile. Inerte a ogni vera vibrazione musicale.
Condoglianze vivissime, Isola di Wight. Rest in peace.