sabato 28 aprile 2012

Girard, Shakespeare e il desiderio mimetico- Parte III

L’assenza di spontaneità e la sofferenza

Le dinamiche tra i quattro amanti sono quindi condizionate dall’assenza di spontaneità: non esiste un desiderio lineare, l’oggetto è irrilevante e acquisisce valore solo nel momento in cui qualcun altro lo desidera. Abbiamo visto Egeo, che pur di avere il suo status di padre rispettato, è disposto a far condannare la figlia disobbediente; Elena, che guarda se stessa e Ermia con gli occhi di Demetrio, e Demetrio stesso, che annoiato dal perpetuo successo (Elena lo ama e guarda a lui come una divinità), si rivolge a colei che non potrà mai avere, Ermia, innamorata di un altro uomo, Lisandro, il quale, a sua volta entra in competizione con Demetrio, prima per Ermia, poi per Elena.
Questa assenza di spontaneità è resa esplicita con la presenza del succo magico e gli effetti che esso ha su chi ne è stregato: Lisandro e Demetrio amano improvvisamente Elena; Titania, regina delle fate, si innamora di Bottom, rozzo artigiano, mostruoso a causa della sua testa d’asino, dovuta ad uno scherzo di Puck. Quindi ogni atto compiuto dopo l’azione del succo, è artificiale e fortemente condizionato dalla magia.
Applicare la morale dell’atto gratuito a questa commedia risulterebbe qualcosa di molto forzato perché ogni gesto è mimetico, mosso dall’imitazione di qualcun altro: per questo ogni personaggio della commedia ha bisogno dell’altro, è gregario degli altri ed è prodotto dalle interazioni con gli altri, grazie alle quali si sviluppano le sue vicende e i suoi sentimenti lungo tutta l’opera.
Proprio perché l’altro assume un ruolo fondamentale all’interno della costruzione e dell’evoluzione del personaggio, i sentimenti predominanti nel “Sogno di una notte di mezza estate” sono la gelosia, l’invidia, la competitività e la sofferenza (nonostante il lieto fine):soffre Lisandro, che vuole sposare Ermia ma che non può raggiungere il suo scopo a causa di Egeo; soffre Ermia, perché non può sposare l’uomo amato prima a causa del padre e di Demetrio, poi perché Lisandro si innamora di Elena: Ermia, la molto amata, non riesce a credere che l’amore le sia tolto; soffre (potremmo dire volontariamente) Demetrio, perché Ermia lo allontana; ma più di tutti soffre Elena, motivo per cui l’ho trovata il personaggio più interessante della commedia.
La giovane ateniese soffre perché sedotta ed abbandonata da Demetrio, innamorato di un’altra donna, ma anche perché si sente vittima in generale, di uno scherzo di cattivo gusto ordito dai ragazzi e dall’amica, in particolare: Elena, la vittima ostinata non riesce a credere che l’amore le sia dato, si sente sola contro tutti, sola e diversa da tutti, si crede l’unica all’inferno e si sforza di nascondere la sua maledizione con numerosi atti di dignità e orgoglio. Pare perfetta per lei, l’esclamazione dell’anti-eroe dostoevskiano, che Girard ripete più volte nel suo saggio: “io sono solo e loro sono tutti”; in realtà, esattamente come l’uomo del sottosuolo dostoevskiano, Elena non è mai più vicina agli altri, di quando se ne crede totalmente separata: Elena si sente sola all’inferno ed è proprio questo il suo inferno.
Possiamo quindi concludere da questi elementi e da altri soltanto accennati che questa commedia di Shakespeare si presta alla lettura che Girard ne compie; anzi, probabilmente il critico di Avignone, applicando la sua teoria al testo shakespeariano, è stato in grado di esaltarne degli aspetti, che molti altri critici letterari prima di lui non sono riusciti ad esaltare.

>>FEDE

mercoledì 25 aprile 2012

Verso Euro 2012: Croazia


La storia


La nazionale croata fu fondata nel 1940, quando la regione era sotto il controllo nazista, e disputò amichevoli internazionali fino al 1944, prima che, al termine della guerra, tornasse a far parte della Jugoslavia.

La più forte nazionale a non aver mai conquistato titoli prestigiosi (ad eccezione di un oro, tre argenti e un bronzo olimpico), la Jugoslavia non riuscì mai ad andare oltre al quarto posto mondiale (ottenuto nel 1930 e nel 1962) e il secondo posto continentale (raggiunto nel 1960 e nel 1968), mettendo in mostra, soprattutto negli Anni Sessanta, una generazione di talenti tra i più interessanti d’Europa, tra cui l’attaccante della Dinamo Zagabria Drazan Jerkovic, uno dei più forti calciatori croati di sempre.

In occasione degli Europei 1992, la Jugoslavia era pronosticata finalmente vincitrice, grazie ai nuovi astri nascenti che avevano conquistato la Coppa del Mondo Under20 nel 1987. Tra essi, i più importanti, oltre al montenegrino Savicevic, erano di origine croata, come l’esterno Robert Jarni (in futuro visto con le maglie di Bari, Torino, Juventus e Real Madrid), il regista Robert Prosinecki (che avrebbe giocato una lunga carriera in Spagna, vestendo le maglie anche di Real Madrid e Barcellona), la punta Davor Suker (un futuro con Real Madrid e Arsenal, e nominato miglior calciatore croato degli ultimi cinquant’anni nel 2003) e il fantasista Zvonimir Boban (che avrebbe giocato con successo nel Milan). Boban, già escluso dai Mondiali 1990 a causa di un calcio tirato ad un poliziotto serbo nei violenti scontri durante il match tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa Belgrado, era divenuto uno dei simboli dell’indipendentismo croato. La guerra civile che scoppiò nei Balcani, e che avrebbe portato allo smembramento della Jugoslavia, impedì alla Federazione di presentare la squadra al torneo continentale, ripescando l’eliminata Danimarca, che avrebbe poi vinto l’Europeo.

La Croazia fu, poi, la prima squadra a qualificarsi per un torneo internazionale, centrando la qualificazione agli Europei inglesi del 1996, dove arrivò fino ai quarti di finale.

Ai successivi Mondiali del 1998, poi, ai quali partecipò anche la Jugoslavia (intesa come nazionale serbo-montenegrina), la Croazia raggiunse un incredibile terzo posto, davanti all’Olanda, miglior piazzamento di sempre di una nazionale balcanica al torneo iridato. Decisivi i gol del capocannoniere del Mondiale Davor Suker, leader della squadra assieme a Boban e Prosinecki, i talenti privati della possibilità di consacrarsi nel 1992 che finalmente vedevano riconosciuto il proprio valore.

Il ricambio generazionale, però, costò la presenza agli Europei del 2000, che videro l’esordio della Jugoslavia e della Slovenia, e una deludente eliminazione al primo turno nel 2002, nel 2004 e ancora nel 2006. L’ascesa di una nuova generazione guidata da Niko Kranjcar valse i quarti di finale all’Europeo 2008, ma non fu in grado di ripresentarsi all’ultimo Mondiale.


Il cammino verso Euro 2012


L’esperto Stipe Pletikosa (Rostov, con un passato allo Shaktar Donetsk) guida dai suoi pali una difesa composta da giocatori di esperienza internazionale, del calibro di Dario Srna (Shaktar Donetsk), Verdan Corluka (Tottenham) e Danijel Pranjic (Bayern Monaco). Ma è a centrocampo che sta la fortuna della Croazia, con i giocatori tecnicamente più forti a gestire il gioco: Ivan Rakitic (Siviglia), Niko Kranjcar (Tottenham) e, soprattutto, Luka Modric, il regista del Tottenham e uomo di maggior valore della squadra. Davanti, le punte del Bayern Monaco e dello Shaktar Ivica Olic ed Eduardo sono i due principali terminali offensivi. Il ct Slaven Bilic ha a disposizione una formazione di valore e senza più l’inesperienza degli ultimi Europei, nei quali questi talenti si misero in mostra, ed è chiamato a dare prova dell’effettivo valore dei suoi ragazzi, che finora hanno fornito prestazioni altalenanti.

Come nel caso delle qualificazioni, quando, nonostante l’ottima partenza (vittoria per 3-0 in Lettonia), è stata fermata sul pareggio in casa dalla Grecia, che invece era partita abbastanza a rilento. La Croazia s’è riprese ancora in trasferta contro Israele, e poi battendo in casa Malta, ma la sconfitta a sorpresa in Georgia per 1-0 ha complicato i piani del ct Bilic, mentre la Grecia, lentamente e con risultati di misura, conquistava il primo posto nel girone.

Le nuove vittorie su Georgia, Malta e Israele, nei match di ritorno, hanno fatto tornare la speranza, che si è poi dissolta nella sconfitta per 2-0 ad Atene, che ha di fatto consegnato la qualificazione diretta ai greci. L’ultima vittoria sulla Lettonia ha rafforzato il secondo posto dei croati, non abbastanza però da risultare come migliore seconda. Kranjcar ha chiuso le qualificazioni con 4 reti segnate, miglior bomber del girone accanto a Yossi Benayoun di Israele.

La pratica qualificazione è stata, quindi, archiviata nel match d’andata degli spareggi, giocato in Turchia, nella quale la Croazia ha regolato i padroni di casa con un netto 3-0, chiudendo poi a reti inviolate il ritorno.


Risultati agli Europei

Euro ’96: I gir. Turchia – Croazia 0-1
 II gir. Croazia – Danimarca 3-0
III gir. Croazia – Portogallo 0-3
QF Germania – Croazia 2-1

Euro ’04: I gir. Svizzera – Croazia 0-0
II gir. Croazia – Francia 2-2
III gir. Croazia – Inghilterra 2-4

Euro ’08: I gir. Austria – Croazia 0-1
II gir. Croazia – Germania 2-1
III gir. Polonia – Croazia 0-1
QF. Croazia – Turchia 1-1 dcr 1-3


Valerio Moggia

domenica 22 aprile 2012

Esperimenti d'editoria- Parere editoriale

Oggi apriamo la rubrica "Esperimenti d'editoria", che si svilupperà nel corso di tre appuntamenti. Si tratta di testi funzionali in editoria, ossia brevi testi che mettano in luce le caratteristiche di volta in volta ritenute più importanti di un libro a seconda del fruitore. Il primo post è un parere editoriale, ovvero un consiglio di pubblicazione che il consulente propone al direttore editoriale della casa editrice. Mi sono immaginata consulente editoriale di Mondadori nel 1940 per consigliare la pubblicazione di un romanzo molto innovativo... Buona lettura!!

Titolo scelto: Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini

E' il racconto di un viaggio alla scoperta di un'infanzia e di una terra fatte di sapori e profumi, che il protagonista proustianamente richiama alla memoria e fa rivivere. Il bisogno di comunicare con i compagni di viaggio e con la madre è il leitmotiv del testo, che rispetto ai precedenti lavori di Vittorini si distingue per un dialogato privo di fronzoli e pregnante, che ricorda molto Hemingway e appassiona per la sua semplicità e la sua musicalità. Un'ottima occasione per leggere qualcosa di nuvo rispetto alla nostra tradizione, in un periodo in cui il pubblico guarda sempre più a modelli stranieri, e per riflettere sugli orrori del nostro tempo, fondamentali per scuotere il torpore del giovane protagonista, che come molti di noi ha perso un fratello in guerra. La censura potrebbe certo intervenire per la presenza di riferimenti poco velati al Regime; tuttavia mi sembra un motivo in più per accettare la sfida, sperando di pubblicare il nuovo Madame Bovary e di bissarne il successo.

Roby <^>

giovedì 19 aprile 2012

Girard, Shakespeare e il desiderio mimetico-Parte II

Il mimetismo in “Sogno di una notte di mezza estate”

La patria potestas

La prima rivalità che si configura nella commedia non è tanto quella tra Demetrio e Lisandro, che caratterizzerà gran parte dell’opera, ma quella tra Egeo, padre di Ermia, e Lisandro, di lei perdutamente innamorato: Egeo considera Ermia una sua proprietà, per questo motivo desidera scegliere per lei l’uomo che diventerà suo marito; Lisandro viene da lui accusato di avergli sottratto la figlia con l’astuzia e la seduzione e di averla resa disobbediente nei confronti del padre. Il tema della patria potestas viene affrontato da Shakespeare in numerosi suoi testi teatrali: da Romeo e Giulietta all’ Otello, opere in cui l’amore tra due giovani è sempre condizionato dalla non approvazione del padre della ragazza, che porta alla nascita di una rivalità molto accesa tra l’innamorato e il genitore, tanto che l’opinione della giovane sembra non avere addirittura alcun tipo di valore.
Nel caso di Sogno di una notte di mezza estate, Teseo effettivamente interroga Ermia, ma la risposta della ragazza non ha alcun valore ai fini della contesa: è la voglia dei due rivali di sottomettere l’altro il filo conduttore di questa prima scena della commedia, tanto che Egeo sarebbe disposto a far tacere i suoi sentimenti di padre verso la figlia, condannandola a morte, per non perdere il conflitto con Lisandro, che pur è un ateniese di buona famiglia. Ciò dimostra che Egeo non vuole che la figlia sposi Lisandro semplicemente per vedere legittimato il suo status di padre: “lei è mia, e ogni mio diritto su di lei io lo cedo in proprietà a Demetrio”.
L’intervento di Demetrio, che invita Lisandro ed Ermia ad usare la ragione e abbandonare la passione, non ha altro effetto che quello di aumentare la rivalità tra i due contendenti, in modo particolare da parte di Egeo, che definisce Lisandro insolente e chiude la disputa senza accennare ad un minimo spostamento di punto di vista.
L’opposizione tra Lisandro ed Egeo è ancora forte nell’ultima parte della commedia: il giovane racconta confuso gli avvenimenti accaduti nella notte nel bosco ed Egeo invoca, contro Lisandro, la “legge sul suo capo”, ribadendo la necessità del suo consenso affinché la ragazza possa essere moglie del giovane, sottolineando così lo spessore e l’importanza del suo ruolo di padre, difeso con orgoglio.


L’invidia di Elena

Elena, la giovane ateniese innamorata di Demetrio e da lui dapprima odiata, poi, dopo l’effetto del succo, a sua volta amata, è forse il personaggio che più di ogni altro possiede la maggior parte delle caratteristiche del desiderio mimetico: la credenza di essere l’unica esclusa dal retaggio divino; la schiavitù nei confronti di Demetrio; il disprezzo verso se stessa; la gelosia e l’invidia verso Ermia.
Il tema della schiavitù verrà affrontato nel prossimo paragrafo. In questo, vorrei mostrare il legame tra il disprezzo che Elena ha verso se stessa e l’invidia covata per la giovane amica.
Elena entra in scena dopo il giuramento d’amore che Lisandro rivolge ad Ermia, ed è chiamata immediatamente dall’amica “Elena bella”: questa apostrofe ci fa capire che effettivamente Elena non è inferiore ad Ermia né per nobiltà, né per età, né per bellezza. Eppure Elena risponde all’amica “Mi chiami bella? Non sia mai”:è evidente che la giovane ateniese non apprezza le proprie qualità, o, ancora meglio, le disprezza fortemente.
All’incapacità di apprezzarsi è dovuta l’incapacità di credere che Lisandro si sia effettivamente innamorato di lei prima, e che anche Demetrio la ami poi, tanto che piuttosto che credere ad un reale innamoramento dei due ragazzi, pensa ad un complotto al quale parteciperebbe anche la povera Ermia, incredula e disperata per la perdita del suo amato.
Questo ribrezzo verso se stessa è motivato dal fatto che Elena si guarda con gli occhi di Demetrio, che non la desidera, anzi la odia; anche l’amica è vista con gli occhi del suo amato, cioè praticamente senza difetti: Ermia è bella, emana un dolce suono con la sua lingua, ha uno sguardo pari alla stella polare; da qui nasce l’invidia covata da Elena, secondo la quale la giovane ateniese è fortunata perché Demetrio la ama e ama la sua bellezza, tanto che giunge a dire: “Ah se si potesse l’aspetto cangiare (…)io, bella Ermia, prima di andar via mi prenderei il tuo. Con i miei orecchi mi prenderei la voce, e coi miei occhi gli occhi; con la mia lingua io mi prenderei il suono della tua e io darei il mondo (…) per essere del tutto in te tradotta”.
Concetto ribadito anche nel momento in cui entrambi i ragazzi sono innamorati di lei: nonostante Elena abbia l’amore di entrambi, riesce ancora ad invidiare Ermia, ed ad inserirla all’interno della presunta burla organizzata contro di lei: Elena non riesce a vedere il mondo circostante con i suoi occhi ed è così innamorata di Demetrio da essere completamente assorbita dalla visione dell’amato.


L’indifferenza di Ermia e Demetrio: i “triangoli a catena”

Quando consideriamo le dinamiche del desiderio mimetico, non bisogna tralasciare che “tutti i successi più clamorosi nell’ambito della doppia mediazione dipendono dall’indifferenza reale o simulata”:nella dialettica servo-padrone, la padronanza ricompensa sempre quello che meglio sa nascondere il proprio desiderio.
Quella che potremmo definire “legge dell’indifferenza” è fortemente presente in Sogno di una notte di mezza estate e tocca sia il rapporto tra Elena e Demetrio sia quello tra Demetrio ed Ermia.
Demetrio, prima di essere stregato, mostra nei confronti di Elena non solo un’indifferenza profonda, ma anche odio: più volte la invita ad allontanarsi, a lasciarlo in pace, a non seguirlo, ma ottiene solo l’effetto opposto, cioè una maggiore attenzione e una crescita d’amore da parte della giovane ateniese. Nel bosco infatti Elena confessa tutto il proprio amore a Demetrio, sottolineando il potere che il giovane ha di attirarla “mi attiri tu, la tua dura calamita che è il tuo cuore”, arrivando addirittura ad affermare che proverà gioia se ad ucciderla sarà la mano che ama tanto; come risposta ottiene soltanto un profondo disgusto da parte di Demetrio nei suoi confronti e una perplessità che il giovane ateniese ha verso gli atteggiamenti adoranti della ragazza contrapposti all’asprezza del suo comportamento, atteggiamenti che non dovrebbero stupire quanti conoscono la teoria girardiana.
Sulla relazione tra Elena e Demetrio, non possiamo fare a meno di notare che Elena svolge il ruolo di servo e Demetrio detiene la padronanza, nella cosiddetta “doppia mediazione”: Demetrio sa di possedere il servo, quindi altro non è che un masochista, un padrone annoiato, cui solo l’insuccesso può far passare la perpetua delusione del perpetuo successo: Demetrio ha bisogno di un mediatore invulnerabile a tutti i suoi tentativi; lo trova in Ermia.
Anche nel rapporto tra Ermia e Demetrio, l’indifferenza della ragazza verso il giovane gioca un ruolo importante: più Ermia respinge Demetrio, più il giovane è attratto da lei. Infatti quando si confida con l’amica Elena, la giovane ateniese mostra un certo disgusto nei riguardi di Demetrio, il quale più lei lo guarda torva, lo maledice, lo odia, più le viene dietro, arrivando a chiederle “perché rimproveri chi ti ama tanto?”
Sul ruolo dell’indifferenza, parole di Girard sono illuminanti: “L’indifferenza non è mai semplicemente neutra, non è mai mera assenza di desiderio. Appare sempre a chi la osserva come la facciata esteriore di un desiderio di se stessi. Ed è questo presunto desiderio che si fa imitare. (…)L’indifferente sembra possedere l’aurea padronanza, della quale tutti noi cerchiamo il segreto”.
Ermia, innamorata di Lisandro, rappresenta per Demetrio una sicura fonte di insuccesso. Il masochista, nel nostro caso Demetrio, prova per la donna che lo ama, Elena, disgusto, mentre si rivolge appassionatamente a chi lo disprezza umiliandolo, Ermia, che ha agli occhi di Demetrio un’autonomia praticamente divina: in questa doppia mediazione, è Ermia che ha il ruolo del padrone e Demetrio che si presenta come schiavo, inevitabilmente attratto dal padrone che lo respinge e lo disprezza e che rivolge il proprio sguardo altrove, verso Lisandro.A partire dalla doppia mediazione si possono sviluppare figure più complesse: in questo caso abbiamo due doppie mediazioni: quella che coinvolge Elena e Demetrio e quella che riguarda Demetrio e Ermia, con un punto di collegamento rappresentato da Demetrio stesso; dalla somma di queste due doppie mediazioni, nasce una figura più complessa. In generale abbiamo che anziché prendere come mediatore uno schiavo, il soggetto sceglie un terzo individuo, creando così dei “triangoli a catena”: il personaggio che faceva la parte di mediatore nel primo triangolo, fa la parte di schiavo nel secondo; in “Sogno di una notte di mezza estate”, Demetrio, che nel primo triangolo della doppia mediazione fa la parte del padrone-mediatore, nel secondo triangolo della doppia mediazione è lo schiavo.

>>FEDE

lunedì 16 aprile 2012

IL CRISTIANESIMO IN ARMENIA


L’Armenia come la conosciamo oggi è una nazione dalla storia relativamente giovane, ma che per contro può vantare una tradizione culturale, spirituale e mistica millenaria. Probabilmente la maggior parte delle persone conosce questa piccola repubblica caucasica soltanto come una delle tante repubbliche ex-sovietiche, che ci sembrano perlopiù tutte uguali e di scarso interesse da un punto di vista prettamente culturale. Una cosa che pochi sanno, ad esempio, è che l’Armenia è la prima e la più antica nazione cristiana della Storia. La data chiave nella storia di questo Paese è l’anno 301, in cui il Cristianesimo è diventato religione di Stato. Ma la nazione armena ha una storia ben più antica e purtroppo spesso travagliata, in tempi antichi e anche più recenti. Questo perché è una terra che si trova in una posizione, la  zona del Caucaso, da sempre crocevia tra popoli e nazioni diversissime tra loro con le quali l’Armenia ha mantenuto sempre rapporti alterni di armonia e di grande conflitto. Storicamente la Grande Armenia (questo il nome col quale si indica l’Armenia storica, che aveva un’estensione molto maggiore rispetto all’attuale repubblica armena) si è trovata in mezzo a grandi imperi, come quello romano e poi quello bizantino a Occidente e quello persiano a Oriente. Soprattutto con i persiani i problemi e i conflitti non sono mancati, tanto è vero che l’Armenia è stata più volte occupata dalla Persia nel corso della sua storia.
 
Dopo il 301, un’altra data importantissima per l’Armenia cristiana è quella del 405, anno nel quale venne inventato l’alfabeto armeno (esattamente come il cirillico per il russo, anche la lingua armena ha un alfabeto esclusivamente proprio) a cui fece immediatamente seguito la traduzione in armeno della Bibbia. È da qui che prende il via la grande tradizione dei manoscritti armeni che va di pari passo con la tradizione mistico-letteraria. Moltissimi sono gli autori di testi mistico-spirituali venerati dalla chiesa armena, il più importante dei quali è San Gregorio di Narek. 

 
È opportuno sottolineare un aspetto importante riguardo alla chiesa armena: per prima cosa gli armeni non sono ortodossi come i greci o i russi. Il culto principale prende il nome di Chiesa apostolica armena, dotata di una propria guida, il Catholicos di tutti gli armeni, che risiede nella città sacra di Echmiadzin poco distante dalla capitale Yerevan. A questa si affianca la Chiesa cattolica armena che però storicamente è meno radicata sul territorio armeno ed è principalmente il culto della diaspora armena, ovvero di molte comunità armene insediate all’estero, soprattutto in Libano dove ha sede il Patriarca di Cilicia, guida suprema dei cattolici armeni. A Venezia, l’isola di San Lazzaro ospita a partire dal ‘700 un importantissimo monastero benedettino di rito armeno, quello dei monaci mekhitaristi.

L’evento della storia del popolo armeno che però viene ricordato in tutta Europa ormai da qualche anno coincide con la pagina più nera della storia armena: il genocidio perpetrato dal governo dei Giovani Turchi contro tutte le minoranze presenti sul territorio dell’ex-impero ottomano, en particolare contro gli armeni che furono rastrellati e uccisi in massa a più riprese tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900. La fase “storica” del genocidio armeno viene solitamente fissata al 1915, anno in cui vennero effettuati rastrellamenti e eccidi in massa come quello di Aleppo nell’attuale Siria. Tra i tanti armeni imprigionati e uccisi c’erano anche grandi esponenti di quella scuola poetica mistico-spirituale a cui ho fatto riferimento, tra i quali Daniel Varujan, grande poeta tradotto anche in italiano.

 
La stagione delle grandi persecuzioni si concluse con l’annessione all’Unione Sovietica nel 1920. L’Armenia che nel 1991 è uscita dall’Ex Urss è una nazione con una popolazione di circa 3 milioni  e mezzo e con un territorio decisamente ridotto rispetto a quello della Grande Armenia. Tant’è vero che molti dei simboli dell’identità armena, come il monte Ararat sul quale secondo la tradizione atterrò l’arca di Noè e la città di Ani,uno dei luoghi più sacri per la chiesa armena, si trovano oggi all’interno dei confini turchi. Ma l’Armenia, con le sue valli profonde e il profilo montagnoso, è rigonfia di gioielli architettonici, di chiese interamente scavate nella roccia, molte delle quali sono siti patrimonio dell’UNESCO nonostante spesso siano lasciate in declino e si trovino in luoghi sperduti. Simbolo supremo della cristianità armena, onnipresenti in tutte le chiese ma anche nelle piazze delle città sono i Khachkar, croci scolpite in pietra con un piccolo rosone alla base, talvolta raffigurate sulle pareti delle chiese con ai fianchi due leoni. Simboleggiano la morte e la resurrezione.


/Fabio/