giovedì 28 marzo 2013

VisioniAlternative: Le nevi del Kilimangiaro (2011)





Michel e la moglie Marie – Claire sono una felice coppia di mezz’età che conduce una vita tranquilla in un quartiere popolare di Marsiglia. Sposati da trent’anni, innamorati profondamente e circondati dall’affetto di figli e nipotini, non hanno mai avuto ragione per non essere soddisfatti di quello che la vita ha offerto loro. Fino a che il nome di Michel, insieme a quello di diciannove compagni che lavorano con lui nel porto cittadino, viene estratto dall’urna che deciderà chi di loro dovrà andare in cassa integrazione. In realtà, come non perde occasione di ricordargli il cognato Raoul, suo collega e grande amico, il nome di Michel non avrebbe dovuto affatto essere nell’urna, in qualità di rappresentante sindacale. Ma Michel, uomo mosso da un’incrollabile fede nei principi di giustizia sociale, non ha voluto concedersi privilegi.


La vita di marito e moglie continua senza scossoni, con grande semplicità e umiltà che è sinonimo di felicità. I due festeggiano trent’anni di matrimonio circondati dai loro cari, e il regalo dei figli è un viaggio “nella terra dei Masai, ai piedi del Kilimangiaro” (da qui viene il titolo, ispirato alla canzone omonima che ritorna continuamente nella colonna sonora del film). Il mondo semplice e perfetto di Michel e Marie – Claire è però destinato a crollare quando i due vengono aggrediti in casa da degli sconosciuti durante una serata in compagnia della sorella di lei e del marito Raoul, e derubati di tutti i loro soldi e degli agognati biglietti del viaggio …




Le nevi del Kilimangiaro (titolo originale: Les neiges du Kilimandjaro) di Robert Guédiguian sembra affrontare di petto il tema caldissimo della crisi del lavoro nei primi minuti per poi virare abilmente sul progressivo disfacimento del piccolo mondo privato dei due protagonisti e sulla perdita delle certezze. Alla preoccupazione, tutto sommato di poco conto, del lavoro che non c’è si sostituisce presto la perdita di ogni certezza e ogni punto di riferimento nella vita, che segue l’esperienza traumatica della rapina. (ATTENZIONE SEGUE PICCOLO SPOILER!!!) A questo si aggiunge la terribile scoperta del male che si manifesta nella forma di una faccia familiare: l’autore della rapina non è un delinquente qualunque, ma un bravo ragazzo, operaio, ex-collega di Michel licenziato insieme a lui, che si prende cura dei fratelli più piccoli senza l’aiuto di nessuno. Il passo successivo per Michel e Marie – Claire è dunque la crisi d’identità: chi siamo noi? Che senso hanno le lotte portate avanti per anni al sindacato e i valori e i principi su cui abbiamo fondato la nostra esistenza e che abbiamo trasmesso ai nostri figli?

Allo spaesamento segue però la riscossa: l’unico modo per ripartire dal nulla è mettere in secondo piano sé stessi e dedicarsi completamente agli altri, rivalutando le proprie priorità. Dalla crisi più profonda possono quindi nascere delle nuove possibilità. Basta sapersi mettere in discussione e riscoprire la bellezza e il valore dei rapporti tra le persone e dei piccoli gesti che si davano per scontati, e che invece sono belli e veri proprio perché devono continuamente essere riaffermati con convinzione giorno dopo giorno. 




Robert Guédiguian è definito da molti il “Ken Loach francese”. Il suo cinema affronta temi sociali di una certa rilevanza e attualità senza mai perdere di vista e mettendo in primo piano innanzitutto l’essere umano, le sue debolezze e le sue virtù. I suoi personaggi appartengono a un mondo, quello della classe operaia di Marsiglia, al quale lui stesso è molto legato, e che riesce a rappresentare abilmente nella sua evoluzione storica e sociale. Emergono allora nel film le distanze tra due generazioni: quella dei “genitori”, che possiamo immaginare incarni il punto di vista dello stesso regista, che hanno vissuto il periodo delle lotte sociali e delle rivendicazioni sindacali e conservano una profonda coscienza del proprio ruolo e della propria dignità di uomini e lavoratori, e quella dei figli, che non hanno condiviso tutto ciò e paiono frastornati, incapaci di comprendere e reagire di fronte a situazioni che avvertono profondamente ingiuste. È incredibile come di fronte a quello che è facile interpretare come l’accanimento di un destino avverso, marito e moglie non perdano mai la consapevolezza di possedere molto, anche quando sembrano aver perso tutto. I rapporti famigliari e di amicizia vengono in aiuto proprio nelle circostanze più difficili a ricordarci che la felicità si può raggiungere dimenticandosi dei propri rancori e recriminazioni personali e ricordandosi di essere parte di una collettività solida e affiatata. 


Guédiguian usa comunque uno stile molto asciutto e per nulla accondiscendente verso lo spettatore. Il suo è un approccio rigoroso e realista nei confronti dei personaggi e dei fatti narrati, che lascia aperto uno spiraglio di speranza senza mai cadere nella retorica di un ottimismo fine a sé stesso. “Le nevi del Kilimangiaro” ci presenta in fondo personaggi che avvertiamo così vicini a noi, piccoli uomini e donne divisi tra slanci di egoismo e di apertura verso i propri simili, tra la consapevolezza dei propri limiti e il desiderio di uscire da sé e avvicinare modelli ideali e molto spesso irraggiungibili, come quelli di Michel: Jean Jaurès, mito del socialismo francese, e Spiderman.

Una pellicola che riesce a coniugare piacevolmente impegno sociale e leggerezza, autorialità e intrattenimento, realismo e lirismo senza eccessive pretese, e conferma senza dubbio l’ottimo stato di forma del cinema francese.


/Fabio/










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