È la prima volta
che parlo di un film italiano su questo blog. Inutile nascondere che il nostro
cinema non se la passa molto bene negli ultimi tempi, anche se ultimamente
qualche bella sorpresa è venuta fuori. Il problema dell’Italia di oggi a mio
parere è uno, applicabile in tutti i settori: per trovare idee fresche,
originali bisogna dare spazio ai giovani e scovare i talenti, quelli veri. E
l’Italia sembra essere un paese di vecchi e per i vecchi. Ed è un peccato,
perché le idee e anche le persone per realizzare qualcosa di innovativo e
produrre film di qualità ci sarebbero anche. Ma sono per lo più oscurati,
boicottati e penalizzati da un sistema produttivo e peggio ancora distributivo
a dir poco scandaloso, che punta solo ai soldi facili e concede spazio e
pubblicità a un cinema leggermente più “impegnato” solo quando ci sono di mezzo
i soliti nomi noti. Mentre invece si potrebbe e dovrebbe investire su nomi
nuovi e emergenti. Comunque, come dicevo, non tutto è da buttare: in Italia di
film belli se ne fanno ancora. Bisogna solo impegnarsi un po’ di più per
scovarli.
Questo in
particolare l’ho trovato di una sensibilità e una delicatezza eccezionali,
davvero poco “italiche”, oltre che di pregevole fattura. Da sottolineare che
questa pellicola ha vinto a fine 2012 il Premio Lux assegnato dall’Unione
Europea ogni anno al film europeo che meglio di tutti incarna gli ideali di
solidarietà, incontro e cooperazione tra culture diverse che sono alla base
dell’Unione.
Io
sono Li di
Andrea Segre è il film che segna l’esordio del 36enne regista
veneto alla regia di un lungometraggio di fiction, dopo una lunga esperienza
come documentarista. E soprattutto è un film davvero splendido, un’opera ricca
di poesia e sentimenti genuini. La storia della profonda e tenera amicizia tra
la cinese Shun Li, immigrata clandestina in Italia, e Bepi, pescatore slavo,
sullo sfondo della laguna di Chioggia è raccontata con mano ferma e senza
retorica. Ogni sguardo e silenzio dei personaggi è in grado di trasmettere
emozioni pure e autentiche allo spettatore. Il regista sceglie di adottare uno
stile sobrio, dosando i dialoghi al minimo e lasciando spazio ai non detti,
alle emozioni discrete e mai esasperate che traspaiono dai volti dei protagonisti
e agli scenari che fanno da contorno alla vicenda. Le splendide e prolungate
inquadrature della laguna veneta, che testimoniano la grande esperienza del
regista come documentarista, non sono mai fini a sé stesse ma rispecchiano
sempre gli stati interiori dei personaggi.
Sorprende
in un regista giovane, anche se non certo alle prime armi, la grande cura
dell’immagine e la capacità di fondere insieme toni lirici e simbolismo con un
rigoroso realismo. Particolarmente felice in questo senso la scelta di usare il dialetto
veneto insieme al cinese entrambi accompagnati dai sottotitoli, che accentuano
l’impostazione quasi documentaristica della vicenda. La rappresentazione della
provincia lagunare e dei “tipi” umani che la popolano non scade mai negli
stereotipi e nella resa macchiettistica dei personaggi, tutti profondamente
veri e sinceri. Emergono così in modo molto veritiero pregi e difetti del
popolo chioggese (che si erge a simbolo di una precisa realtà provinciale
tipicamente italiana) caratterizzato da una grande laboriosità e una spontanea
generosità e apertura al prossimo, eppure in qualche modo frenato da certi
pregiudizi duri a morire. Dall’altra parte troviamo invece una donna orientale
dal carattere forte che tira avanti con grande fermezza per la sua strada, pur
aggirandosi spaesata e malinconica in un paesaggio che conosce bene, venendo da
una zona di mare, eppure così “straniero” e ostile.
“Io
sono Li” è un film intriso di poesia e di delicati simbolismi (l’opposizione
costante mare/laguna ritorna lungo tutto il film a rappresentare la “prigione”
della quotidianità dalla quale Shun Li aspira al mare sconfinato, alla
libertà). L’unica via d’uscita concessa alla donna dal grigiore del bar dove
lavora è la poesia, che irrompe nel film attraverso la festa tradizionale
cinese del Poeta con le sue luci, e attraverso la figura di Bepi, che è
conosciuto da tutti come “Il poeta” per la sua abilità con le rime. Il vecchio
pescatore si dimostrerà davvero poeta nell’animo, accogliendo Shun Li nella sua
vita e trovando a sua volta nella donna un punto di appoggio. Il film in fondo
non racconta altro che l’incontro tra due solitudini che finirà per influenzare
drasticamente non solo la vita dei due protagonisti, ma anche di tutti coloro
che sono intorno a loro, al punto da essere portatore di rottura all’interno di
un mondo che sembra perfetto proprio in quanto immutabile.
Da
applausi l’interpretazione di tutto il cast (su tutti la splendida Zhao Tao
premiata con il David di Donatello e il croato Rade Serbedzija nel ruolo dei
due protagonisti) per un piccolo gioiello del cinema italiano che porta la
firma di un giovane autore assolutamente da tenere d’occhio.
/Fabio/
Sono in attesa di vederlo da un pò, anche grazie al tam tam positivo.
RispondiEliminaSpero di postarlo presto anche io.
Beh che dire... sono onorato di aver visto un film prima di papà Ford ;D
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