Michel e la moglie
Marie – Claire sono una felice coppia di mezz’età che conduce una vita
tranquilla in un quartiere popolare di Marsiglia. Sposati da trent’anni,
innamorati profondamente e circondati dall’affetto di figli e nipotini, non
hanno mai avuto ragione per non essere soddisfatti di quello che la vita ha
offerto loro. Fino a che il nome di Michel, insieme a quello di diciannove
compagni che lavorano con lui nel porto cittadino, viene estratto dall’urna che
deciderà chi di loro dovrà andare in cassa integrazione. In realtà, come non
perde occasione di ricordargli il cognato Raoul, suo collega e grande amico, il
nome di Michel non avrebbe dovuto affatto essere nell’urna, in qualità di
rappresentante sindacale. Ma Michel, uomo mosso da un’incrollabile fede nei
principi di giustizia sociale, non ha voluto concedersi privilegi.
La vita di marito e
moglie continua senza scossoni, con grande semplicità e umiltà che è sinonimo
di felicità. I due festeggiano trent’anni di matrimonio circondati dai loro
cari, e il regalo dei figli è un viaggio “nella terra dei Masai, ai piedi del
Kilimangiaro” (da qui viene il titolo, ispirato alla canzone omonima che
ritorna continuamente nella colonna sonora del film). Il mondo semplice e
perfetto di Michel e Marie – Claire è però destinato a crollare quando i due vengono
aggrediti in casa da degli sconosciuti durante una serata in compagnia della
sorella di lei e del marito Raoul, e derubati di tutti i loro soldi e degli agognati
biglietti del viaggio …
Le
nevi del Kilimangiaro (titolo originale: Les neiges du
Kilimandjaro) di Robert Guédiguian sembra affrontare di petto il
tema caldissimo della crisi del lavoro nei primi minuti per poi virare
abilmente sul progressivo disfacimento del piccolo mondo privato dei due
protagonisti e sulla perdita delle certezze. Alla preoccupazione, tutto sommato
di poco conto, del lavoro che non c’è si sostituisce presto la perdita di ogni
certezza e ogni punto di riferimento nella vita, che segue l’esperienza
traumatica della rapina. (ATTENZIONE SEGUE PICCOLO SPOILER!!!) A questo si
aggiunge la terribile scoperta del male che si manifesta nella forma di una
faccia familiare: l’autore della rapina non è un delinquente qualunque, ma un
bravo ragazzo, operaio, ex-collega di Michel licenziato insieme a lui, che si
prende cura dei fratelli più piccoli senza l’aiuto di nessuno. Il passo
successivo per Michel e Marie – Claire è dunque la crisi d’identità: chi siamo
noi? Che senso hanno le lotte portate avanti per anni al sindacato e i valori e
i principi su cui abbiamo fondato la nostra esistenza e che abbiamo trasmesso
ai nostri figli?
Allo
spaesamento segue però la riscossa: l’unico modo per ripartire dal nulla è
mettere in secondo piano sé stessi e dedicarsi completamente agli altri,
rivalutando le proprie priorità. Dalla crisi più profonda possono quindi
nascere delle nuove possibilità. Basta sapersi mettere in discussione e
riscoprire la bellezza e il valore dei rapporti tra le persone e dei piccoli
gesti che si davano per scontati, e che invece sono belli e veri proprio perché
devono continuamente essere riaffermati con convinzione giorno dopo giorno.
Robert
Guédiguian è definito da molti il “Ken Loach francese”. Il suo cinema affronta
temi sociali di una certa rilevanza e attualità senza mai perdere di vista e
mettendo in primo piano innanzitutto l’essere umano, le sue debolezze e le sue
virtù. I suoi personaggi appartengono a un mondo, quello della classe operaia
di Marsiglia, al quale lui stesso è molto legato, e che riesce a rappresentare
abilmente nella sua evoluzione storica e sociale. Emergono allora nel film le
distanze tra due generazioni: quella dei “genitori”, che possiamo immaginare
incarni il punto di vista dello stesso regista, che hanno vissuto il periodo
delle lotte sociali e delle rivendicazioni sindacali e conservano una profonda
coscienza del proprio ruolo e della propria dignità di uomini e lavoratori, e
quella dei figli, che non hanno condiviso tutto ciò e paiono frastornati, incapaci
di comprendere e reagire di fronte a situazioni che avvertono profondamente
ingiuste. È incredibile come di fronte a quello che è facile interpretare come
l’accanimento di un destino avverso, marito e moglie non perdano mai la
consapevolezza di possedere molto, anche quando sembrano aver perso tutto. I
rapporti famigliari e di amicizia vengono in aiuto proprio nelle circostanze
più difficili a ricordarci che la felicità si può raggiungere dimenticandosi
dei propri rancori e recriminazioni personali e ricordandosi di essere parte di
una collettività solida e affiatata.
Guédiguian
usa comunque uno stile molto asciutto e per nulla accondiscendente verso lo
spettatore. Il suo è un approccio rigoroso e realista nei confronti dei
personaggi e dei fatti narrati, che lascia aperto uno spiraglio di speranza
senza mai cadere nella retorica di un ottimismo fine a sé stesso. “Le nevi del
Kilimangiaro” ci presenta in fondo personaggi che avvertiamo così vicini a noi,
piccoli uomini e donne divisi tra slanci di egoismo e di apertura verso i
propri simili, tra la consapevolezza dei propri limiti e il desiderio di uscire
da sé e avvicinare modelli ideali e molto spesso irraggiungibili, come quelli
di Michel: Jean Jaurès, mito del socialismo francese, e Spiderman.
Una
pellicola che riesce a coniugare piacevolmente impegno sociale e leggerezza,
autorialità e intrattenimento, realismo e lirismo senza eccessive pretese, e
conferma senza dubbio l’ottimo stato di forma del cinema francese.
/Fabio/