Il premio
Nobel per la letteratura 2012 è stato assegnato al cinese Mo Yan. L’autore 57enne è il secondo cinese della storia, il primo
residente in Cina, ad aggiudicarsi il Nobel nella categoria Letteratura (prima
di lui, nel 2000, era stato Gao Xingjian, cittadino francese residente a
Parigi).
Guan Moye,
questo il vero nome dello scrittore e sceneggiatore conosciuto universalmente
con lo pseudonimo scelto da lui stesso, nasce il 17 febbraio del 1955 nella
provincia contadina dello Shandong. Lascia la scuola a 11 anni per lavorare in
campagna e poi in una fabbrica di cotone. Nel 1976 decide di arruolarsi
nell’Esercito di Liberazione Popolare della Repubblica popolare cinese, che per
molti giovani provenienti dalle campagne rappresentava a quei tempi l’unica
speranza di condurre una vita dignitosa e di farsi un’istruzione. Negli anni
dell’esercito infatti il giovane Mo Yan legge moltissima letteratura
occidentale, soprattutto russa e francese, e comincia a scrivere i primi
racconti e romanzi. Dopo vent’anni di servizio militare, nel 1997 avverte la
necessità di esprimere un pensiero più autonomo rispetto ai rigidi vincoli
imposti dall’esercito, e comincia a lavorare presso un giornale di Pechino.
All’inizio
della sua carriera letteraria, Guan Moye decide di assumere il nome d’arte Mo
Yan, che in cinese significa “senza parole” o “colui che non parla”. Il
nomignolo risale all’infanzia dell’autore quando, in piena epoca maoista, una
parola di troppo poteva cacciare nei guai una persona e un’intera famiglia. I
genitori dello scrittore gli ripetevano quindi sempre di non proferire parola
quando usciva di casa. Yan ha sempre ricordato questo soprannome come monito a
parlare poco e a scrivere molto, esprimendo attraverso la scrittura quello che
aveva da dire.
L’Accademia
di Svezia che gli ha assegnato il premio definisce il suo stile un “realismo
allucinatorio che mescola racconti popolari, storia e contemporaneità”. Le
opere dello scrittore sono perlopiù romanzi storici che attraversano con i toni
epici di vere e proprie saghe popolari interi decenni della storia cinese,
raccontando la vita dei contadini nelle zone rurali del paese. Un enorme
influsso sulla sua scrittura lo ha esercitato però anche tutto quel corpus di
miti e tradizioni popolari che fanno parte del folklore contadino delle
campagne cinesi, che ha permeato l’infanzia dell’autore con le sue suggestioni
fantastiche.
La sua opera
più famosa è senza dubbio “Sorgo rosso”, romanzo dal quale lo stesso autore ha
ricavato la sceneggiatura per il film omonimo di Zhang Yimou, premiato con
l’Orso d’Oro a Berlino nel 1988. Il romanzo ripercorre la storia di una
famiglia di contadini nelle zone in cui è cresciuto lo scrittore,
dall’occupazione giapponese degli anni ’30 attraverso la nascita della
Repubblica popolare e fino alle soglie della rivoluzione culturale. Oltre a
Sorgo rosso, Einaudi ha pubblicato in Italia quasi tutta l’opera di Mo Yan. Tra
i titoli principali ricordiamo “Grande seno, fianchi larghi”, “Il supplizio del
legno di sandalo” e “Le sei reincarnazioni di Ximen Nao”.
Nel 2013 è
prevista l’uscita del suo ultimo libro “Le rane” che affronta con toni critici
il tema della politica del figlio unico e del controllo delle nascite attuata
dal governo di Pechino.
La scelta di
premiare Mo Yan ha suscitato molte proteste e polemiche da parte di alcuni
rappresentanti del movimento degli intellettuali cinesi dissidenti, che
ritengono lo scrittore un uomo “vicino al Partito”, amico del governo di
Pechino. Lo scrittore attualmente lavora presso il Ministero della cultura
cinese, dove è a capo di un discusso istituto per la letteratura. In realtà Yan
ha sempre dimostrato una grande autonomia di pensiero, identificandosi come un
intellettuale indipendente rispetto alle linee guida del Partito. D’altronde
come lui stesso ha affermato, la distinzione da fare non è tra intellettuali
allineati e non allineati, o intellettuali interni al sistema e esterni al
sistema, bensì tra gli scrittori che sono veri intellettuali e quelli che non
lo sono. E un vero intellettuale esprime sempre chiaramente e senza paura il
proprio punto di vista su ogni tema di rilevanza politica e sociale.
Esattamente quello che fa Mo Yan in tutti i suoi romanzi.
/Fabio/