Introduzione
Il
presente elaborato ha come punto di partenza la constatazione di un
profondo legame tra la filosofia leibniziana e il barocco, inteso
quest'ultimo non come periodo storico, ma piuttosto considerando i
suoi aspetti peculiari dalla filosofia all'architettura, dall'arte
alla musica. Il mio scopo principale è proprio quello di mostrare
perché Leibniz è barocco, e viceversa perché il Barocco è
leibniziano, argomento certamente vastissimo, che non potrà quindi
essere interamente affrontato in questo elaborato, frutto di una
selezione di testi e di temi.
Per
quanto riguarda i testi, mi sono basata su due opere di Leibniz,
Discorso
di metafisica1
e Monadologia2
e
uno scritto di Deleuze La
piega3,
in cui l'autore francese percorre approfonditamente le similitudini
che uniscono l'opera del filosofo tedesco e il Barocco.
Ho
diviso il mio lavoro in due capitoli: il primo si concentra sul
Barocco, affronta il problema della sua effettiva esistenza e ne
presenta le principali caratteristiche; il secondo espone tre
fondamenti della filosofia leibniziana quali l'incompossibilità dei
mondi possibili, il principio di individuazione e la libertà, sotto
una luce barocca, evidenziandone gli aspetti che ci portano a
sottolineare la pienezza di elementi e le infinite pieghe nell'opera
del filosofo tedesco, esattamente come nel Barocco.
Le
età moderna e contemporanea hanno visto un forte sviluppo dei
concetti barocco-leibniziani nell'architettura, nella tecnologia e
nella musica. Nella conclusione mi sono concentrata proprio
sull'aspetto musicale: qualcosa del leibnizianesimo rimane perché si
continua a riempire e piegare, anche se con nuovi involucri.
Capitolo
1: Che cos'è barocco?
- Il Barocco esiste (?)
I
più importanti commentatori e studiosi del Barocco hanno avuto dei
dubbi sulla effettiva consistenza della nozione di “Barocco”,
dato che il concetto rischiava di estendersi indefinitamente,
legandosi a qualunque cosa riguardasse una tensione-contrapposizione
tra esterno ed interno, facciata e camera oscura, mondo e monade per
dirla con termini leibniziani. La domanda che allora è giusto porsi
è relativa al modo di intendere il termine “Barocco” e quindi
ricavarne l'esatta determinazione e la giusta estensione.
La
nozione di Barocco è stata prima estesa, poi ridotta a un solo
genere o a una determinata selezione di periodi, fino ad arrivare
alla totale smentita: il Barocco non era mai esistito4.
Perché questo totale annullamento? Certo non si può parlare di
esistenza del Barocco, come dell'esistenza di un concetto dato;
bisogna vedere se può esserci una nozione capace di conferirgli
esistenza ed inserire sotto la sua estensione un numero di elementi
opportunamente caratterizzanti, al di là di un determinato campo o
periodo storico. Come sottolinea Deleuze, «il concetto operatorio
del Barocco è la piega, in tutta la sua comprensione ed estensione:
piega secondo piega»5.
Ma cosa bisogna intendere per “piega”?
La
piega può essere definita come il mezzo tramite cui è possibile
conservare l'unità nella molteplicità: per esempio quando
“pieghiamo in due” un foglio, facciamo una differenza nel foglio
stesso, tra la parte destra e quella sinistra, o tra la parte in alto
e quella in basso, ma la sua unità non viene messa in discussione6.
Nel mondo ci sono infinite pieghe, se pensiamo che ogni organismo e
ogni meccanismo è costituito da un'infinità di elementi, energie e
forze.
Ampliando
il concetto, la piega è punto di vista sul mondo, sugli oggetti e
ogni punto di vista rappresenta una variazione e una prospettiva: il
mutamento del punto di vista tuttavia non ci fa considerare l'oggetto
dell'osservazione come diverso, anzi il cambiamento diventa la
condizione di possibilità per ricostruire attivamente la sintesi
della cosa unitaria e conferirle così un'identità. Per questo
Deleuze può parlare di prospettivismo in Leibniz come condizione per
cui appare al soggetto la verità della variazione e considerare così
il punto di vista come una potenzialità, il segreto delle cose, la
condizione per la manifestazione autentica del vero7,
come affermerà Husserl nell'elaborazione della sua fenomenologia,
certamente in parte condizionato dalle riflessioni leibniziane8:
«il mondo intero è solo una virtualità, esistente attualmente
nelle pieghe dell'anima che l'esprime»9.
Usando
la piega come nozione base e nel contempo punto limite di mutamento e
variazione, si può estendere il Barocco oltre i limiti storici e le
discipline artistiche. Possiamo così considerare parimenti barocchi
Tintoretto, che dipinge il Giudizio
universale, (fig.1) in cui i corpi
si piegano in balia della propria pesantezza, le anime si chinano nei
ripiegamenti della materia10,
e Mallarmé, che nel poema Herodiade
parla di ventaglio (l'unanime piega) che fa scendere e salire tutti i
granelli di materia11;
o ancora Il Greco, che nel Battesimo
di Cristo (fig. 2) riesce a
comunicare alla gamba un'ondulazione infinita usando le pieghe di
ginocchio e polpaccio, mentre la nuvola in mezzo appare quasi come un
ventaglio12,
e lo stesso Leibniz, il quale afferma che le monadi devono
«racchiudere una molteplicità nell'unità»13,
perché la molteplicità è la base del cambiamento e senza mutamento
le monadi sarebbero indistinguibili l'una dall'altra, perdendo così
la propria identità.
Giudizio
universale,
Tintoretto,
Chiesa
della Madonna dell'Orto Venezia,
1562-1563, particolare.
1562-1563, particolare.
Fig.2
Battesimo
di Cristo, il Greco,
1597-1600 Museo
del Prado, Madrid
1G.
W. Leibniz, Discorso di metafisica in Scritti filosofici
vol 1, Unione Tipografico Editrice Torinese, Torino, 2004
2G.W.
Leibniz, Monadologia, SE, Milano, 2007
3G.
Deleuze, La piega: Leibniz e il barocco, Einaudi, Torino,
1990
4Cfr.
Ivi, p. 51
5Ibidem
6Cfr.
Ivi, p. 17
7Cfr.
Ivi, p. 32
8Per
approfondire la questione del prospettivismo in Husserl e Leibniz,
nell'ottavo capitolo de La piega, intitolato I due piani,
Deleuze presenta un puntuale ed approfondito confronto tra i due
filosofi tedeschi.
9Ivi,
p. 34
10Cfr.
Ivi, p. 45
11Cfr.
Ivi, p. 46
12Cfr.
Ivi, p. 53
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