mercoledì 18 luglio 2012

Raymond Aron e la guerra fredda- Parte II


Per evitare quella che Clausewitz chiamerebbe “l’ascesa agli estremi”, il segretario della Difesa statunitense in carica dal 1961 al 1968, Robert MacNamara, propose quella che oggi viene ricordata come “dottrina MacNamara” o della ritorsione graduata, basata su tre principi fondamentali: l’elevazione della soglia atomica, cioè la volontà di usare l’uso di armi nucleari solo una volta superato un determinato confine; l’aumento dell’uso di armi convenzionali per risolvere le questioni diplomatiche riamaste in sospeso, e l’uso di una strategia contro-forza anche in secondo colpo, per evitare attacchi diretti alle città. Lo sforzo teorico di MacNamara non venne particolarmente apprezzato dagli europei: essi temevano una disatomizzazione del proprio territorio con il rischio una guerra con armamenti classici, guerra che non potevano comunque sostenere, considerato come l’Europa era uscita dalla Seconda Guerra Mondiale; gli europei preferivano una strategia di risposta totale, terrorizzati dal fatto che gli U.S.A. non avrebbero rischiato Boston per salvare Londra o Parigi; le reazioni negative alla dottrina MacNamara, si legano a quella volontà di autonomia che gli unilateralisti inglesi ma soprattutto i gollisti francesi sostenevano: solo con una forza autonoma ed indipendente l’Europa si sarebbe potuta difendere. L’idea di Aron è che la Francia può possedere un “deterrente minimo”, cioè una forza sufficiente a dissuadere, ma non una forza sufficiente a dissuadere da qualunque cosa: per questo all’interno dell’Alleanza Atlantica, una potenza nucleare parziale, come quella francese, aumenterebbe solo il rischio di attacco da parte dell’U.R.S.S., che potrebbe sentirsi minacciata da una nuova forza, anche se inferiore: per questo motivo, Aron spera che la Francia possa accettare un ruolo subordinato agli U.S.A. per la sicurezza di tutti.

Nel rapporto Stati Uniti-Russia, c’è sempre stato un grande timore nei confronti dell’avversario da una parte e dall’altra. I due nemici sono sempre stati consapevoli dell’impossibilità di attaccare l’altro senza rischiare una guerra totale: è l’asimmetria tra i due Grandi, cioè l’incomprensione imperfetta, unita ai sospetti degli europei nei confronti degli americani, a far evitare la guerra; questi due elementi implicano infatti l’assenza di una chiara visione strategica e la conoscenza solamente parziale della strategia del nemico, con il rischio del bluff sempre alle porte: è un duello in cui «gli americani giocano a scacchi e i sovietici a poker. I sovietici detengono però il titolo di campione del mondo di scacchi ed è a Princeton che sono state inventate le regole del poker»: ciò vale in modo particolare per la teoria della “risposta graduata” degli U.S.A., che molto somiglia al gioco degli scacchi e dall’altra parte la strategia della “risposta totale”, che più si adatta al rischio del poker. La domanda che Aron si poneva e la risposta che auspicava era relativa alla possibilità che la Russia applicasse la strategia americana della risposta graduata, che presentava vantaggi non solo perché si evitava l’ascesa agli estremi, ma anche per la posizione geografica dei russi, che potevano controllare le reazioni degli europei.

La riflessione del pensatore francese porta alla conclusione di un rovesciamento delle prospettive tradizionali: non esistono più né la guerra né la pace, ma esistono la minaccia di guerra e la dissuasione; le alleanze non possono più essere intese in senso tradizionale: le grandi potenze non proteggono i paesi minori se questi possono far scattare l’apocalisse. «Le alleanze o evolveranno verso forme comunitarie o si scioglieranno», esisteranno quindi alleanze in cui solo uno stato sarà incaricato alla gestione della guerra e della pace, gli altri, se vogliono essere protetti, devono sottomettersi: è questa per Aron l'essenza della guerra fredda.


>>FEDE


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