lunedì 10 ottobre 2011

La traduzione letteraria tra etica e arte

Diverse sono le difficoltà che si possono incontrare quando si traduce un’opera letteraria. Il passaggio dalla teoria della traduzione alla pratica, infatti, non è mai automatico; proprio per questo motivo è ormai assodato che non esiste un’unica traduzione per ciascuna opera letteraria ma, al contrario, tante diverse modalità e risultati del processo traduttivo. Ogni traduzione, dunque, è un prodotto, frutto di un’elaborazione e di una serie di scelte operate dal soggetto traducente. A dispetto dei pregiudizi che da sempre hanno accompagnato le figura del traduttore, infatti, egli esercita un ruolo fondamentale nel superare le difficoltà che il processo produttivo presenta. L’esperienza traduttiva della fiaba “Il Gigante egoista” di Oscar Wilde mi ha permesso di individuarle e di cercare delle soluzioni, laddove fosse possibile, lavorando sull’intero testo in virtù della sua brevità.
Uno dei principali problemi riscontrati è quello della fedeltà, questione etica dibattuta sin dall’antichità dai teorici della traduzione. Se da un lato è importante rispettare gli intenti e le scelte dell’autore, dall’altro è altrettanto importante comprendere che ogni lingua ha una struttura e delle caratteristiche proprie e che tradurre parola per parola potrebbe impoverire o appesantire il testo tradotto. Un esempio significativo ne “Il Gigante Egoista” riguarda il momento in cui il Gigante si accorge che i bambini sono tornati nel suo giardino: “He saw a most wonderful sight. Througha little hole in the wall the children had crept in and they were sitting in the branches of the trees”. La prima difficoltà consiste nel tradurre l’aggettivo “wonderful” che indica meraviglia e ammirazione. Per questo motivo ho preferito l’italiano “stupendo” al letterale “meraviglioso”, poiché l’aggettivo rende perfettamente il suddetto significato. Inoltre nella frase troviamo l’aggettivo “little”, mentre in italiano è molto più frequente l’uso di suffissi diminutivi o di parole che intrinsecamente esprimono in determinato significato. Dunque, piuttosto che “Attraverso un piccolo buco”, ho scelto il sostantivo “pertugio”, che indica un’apertura estremamente piccola. Queste scelte, a mio avviso, rispettano il significato che l’autore vuole trasmettere senza dover tradurre il testo in modo pedissequo, cosa che renderebbe il traduttore un mero allievo imitatore.
D’altro canto, però, come afferma il teorico Berman, la modalità traduttiva prevalente dalla seconda metà del xx secolo rischia di privilegiare il senso “disincarnandolo”, cioè privandolo della suggestione ritmica e metrica della lettera. Ho sperimentato questa difficoltà nel tradurre la frase” In every tree that he could see there was a little child”. Evidente è l’effetto ritmico creato dall’omeoteleuto “tree” – “see”, rafforzato dall’uso di “trees” anche nella frase precedente. In italiano, ciò non può essere reso dalla traduzione letterale “Su ogni albero che vedeva c’era un bambino”, che tra l’altro è poco scorrevole; perciò, ho scelto di privilegiare il senso a discapito della musicalità, traducendo “Su ogni albero vedeva un bambino”. Si tratta della cosiddetta, “defectivité”, che si accompagna ad ogni traduzione dato che ogni lingua ha la sua componente di intraducibilità.
Un altro problema, strettamente connesso a quello della fedeltà, è quello della poeticità, cioè della capacità di evocare idee ed emozioni tramite particolari scelte lessicali e immagini metaforiche. Un passo della fiaba mi ha permesso di operare una scelta poetica, senza peraltro discostarmi dall’originale ma anzi sfruttando una possibilità tra le tante offerte dal testo: “The poor tree was still covered with frost and snow and the North Wind was blowing and roaming above it”, che ho tradotto “Il triste albero era ancora vestito di ghiaccio e neve e il Vento del Nord lo sovrastava coi suoi soffi e i suoi ruggiti”.
Due altre problematiche sono la coesione, ossia il corretto utilizzo dei nessi sintattico- grammaticali, e la coerenza, che riguarda lo stile scelto per la traduzione. Non è affatto semplice costruire un testo coeso e coerente, poiché ogni traduzione è un prodotto editoriale che deve possedere requisiti adatti al contenitore, e quindi al pubblico, cui è destinata. Si sceglierà dunque uno stile più semplice e immediato, caratterizzato anche dalle tipiche formule fiabesche (c’era una volta, in capo a sette anni, fare capolino, occhieggiare,…) se ci rivolgiamo a un pubblico di bambini, mentre si potrà utilizzare un linguaggio più aulico nel caso di un pubblico adulto. Per quanto riguarda invece la coesione, molto spesso nella fiaba di Wilde si trovano frasi al past simple, che in inglese descrive un’azione compiuta e che non ha più legami col passato. Nella frase “Every day for three hours he rattled on the roof of the castle till he broke mosto f the slates”, il primo verbo può essere reso con l’imperfetto italiano, poiché è preceduto da due sintagmi temporali che indicano la frequenza e la durata dell’azione, mentre il secondo dovrà essere necessariamente tradotto con il passato remoto italiano, poiché l’azione di rompere tutte le tegole non è abitudinaria ma avviene in un preciso momento.
L’ultima difficoltà, alla quale ho appena accennato, è la cosiddetta corrispondenza, cioè il mantenimento di quelle parti del testo che l’autore ha voluto distinguere per particolare drammaticità, tragicità, formalità, eccetera. Ne “Il Gigante Egoista”, per esempio, la parte finale deve essere distinta anche nella traduzione per la presenza di un registro più formale, vicino a quello biblico (“Who hath dared to wound thee?”, “Who art thou?”), che ha una precisa funzione: collegare la fiaba alla leggenda sacra e produrre un ribaltamento della situazione iniziale, poiché ora è il Gigante a essere stupito e timorato di un bambino molto piccolo, non più viceversa.
In conclusione, il traduttore ha una certa libertà quando si accinge a tradurre un’opera letteraria (gli esponenti dei Translation Studies parlano di manipolazione e riscrittura), ma deve anche tenere conto che il suo testo è destinato a diventare un prodotto dotato di valore intellettuale, economico, estetico, emotivo, e che si tratta comunque della traduzione di un’opera già esistente, cui è indissolubilmente legato.
Roby <^>

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