giovedì 19 aprile 2012

Girard, Shakespeare e il desiderio mimetico-Parte II

Il mimetismo in “Sogno di una notte di mezza estate”

La patria potestas

La prima rivalità che si configura nella commedia non è tanto quella tra Demetrio e Lisandro, che caratterizzerà gran parte dell’opera, ma quella tra Egeo, padre di Ermia, e Lisandro, di lei perdutamente innamorato: Egeo considera Ermia una sua proprietà, per questo motivo desidera scegliere per lei l’uomo che diventerà suo marito; Lisandro viene da lui accusato di avergli sottratto la figlia con l’astuzia e la seduzione e di averla resa disobbediente nei confronti del padre. Il tema della patria potestas viene affrontato da Shakespeare in numerosi suoi testi teatrali: da Romeo e Giulietta all’ Otello, opere in cui l’amore tra due giovani è sempre condizionato dalla non approvazione del padre della ragazza, che porta alla nascita di una rivalità molto accesa tra l’innamorato e il genitore, tanto che l’opinione della giovane sembra non avere addirittura alcun tipo di valore.
Nel caso di Sogno di una notte di mezza estate, Teseo effettivamente interroga Ermia, ma la risposta della ragazza non ha alcun valore ai fini della contesa: è la voglia dei due rivali di sottomettere l’altro il filo conduttore di questa prima scena della commedia, tanto che Egeo sarebbe disposto a far tacere i suoi sentimenti di padre verso la figlia, condannandola a morte, per non perdere il conflitto con Lisandro, che pur è un ateniese di buona famiglia. Ciò dimostra che Egeo non vuole che la figlia sposi Lisandro semplicemente per vedere legittimato il suo status di padre: “lei è mia, e ogni mio diritto su di lei io lo cedo in proprietà a Demetrio”.
L’intervento di Demetrio, che invita Lisandro ed Ermia ad usare la ragione e abbandonare la passione, non ha altro effetto che quello di aumentare la rivalità tra i due contendenti, in modo particolare da parte di Egeo, che definisce Lisandro insolente e chiude la disputa senza accennare ad un minimo spostamento di punto di vista.
L’opposizione tra Lisandro ed Egeo è ancora forte nell’ultima parte della commedia: il giovane racconta confuso gli avvenimenti accaduti nella notte nel bosco ed Egeo invoca, contro Lisandro, la “legge sul suo capo”, ribadendo la necessità del suo consenso affinché la ragazza possa essere moglie del giovane, sottolineando così lo spessore e l’importanza del suo ruolo di padre, difeso con orgoglio.


L’invidia di Elena

Elena, la giovane ateniese innamorata di Demetrio e da lui dapprima odiata, poi, dopo l’effetto del succo, a sua volta amata, è forse il personaggio che più di ogni altro possiede la maggior parte delle caratteristiche del desiderio mimetico: la credenza di essere l’unica esclusa dal retaggio divino; la schiavitù nei confronti di Demetrio; il disprezzo verso se stessa; la gelosia e l’invidia verso Ermia.
Il tema della schiavitù verrà affrontato nel prossimo paragrafo. In questo, vorrei mostrare il legame tra il disprezzo che Elena ha verso se stessa e l’invidia covata per la giovane amica.
Elena entra in scena dopo il giuramento d’amore che Lisandro rivolge ad Ermia, ed è chiamata immediatamente dall’amica “Elena bella”: questa apostrofe ci fa capire che effettivamente Elena non è inferiore ad Ermia né per nobiltà, né per età, né per bellezza. Eppure Elena risponde all’amica “Mi chiami bella? Non sia mai”:è evidente che la giovane ateniese non apprezza le proprie qualità, o, ancora meglio, le disprezza fortemente.
All’incapacità di apprezzarsi è dovuta l’incapacità di credere che Lisandro si sia effettivamente innamorato di lei prima, e che anche Demetrio la ami poi, tanto che piuttosto che credere ad un reale innamoramento dei due ragazzi, pensa ad un complotto al quale parteciperebbe anche la povera Ermia, incredula e disperata per la perdita del suo amato.
Questo ribrezzo verso se stessa è motivato dal fatto che Elena si guarda con gli occhi di Demetrio, che non la desidera, anzi la odia; anche l’amica è vista con gli occhi del suo amato, cioè praticamente senza difetti: Ermia è bella, emana un dolce suono con la sua lingua, ha uno sguardo pari alla stella polare; da qui nasce l’invidia covata da Elena, secondo la quale la giovane ateniese è fortunata perché Demetrio la ama e ama la sua bellezza, tanto che giunge a dire: “Ah se si potesse l’aspetto cangiare (…)io, bella Ermia, prima di andar via mi prenderei il tuo. Con i miei orecchi mi prenderei la voce, e coi miei occhi gli occhi; con la mia lingua io mi prenderei il suono della tua e io darei il mondo (…) per essere del tutto in te tradotta”.
Concetto ribadito anche nel momento in cui entrambi i ragazzi sono innamorati di lei: nonostante Elena abbia l’amore di entrambi, riesce ancora ad invidiare Ermia, ed ad inserirla all’interno della presunta burla organizzata contro di lei: Elena non riesce a vedere il mondo circostante con i suoi occhi ed è così innamorata di Demetrio da essere completamente assorbita dalla visione dell’amato.


L’indifferenza di Ermia e Demetrio: i “triangoli a catena”

Quando consideriamo le dinamiche del desiderio mimetico, non bisogna tralasciare che “tutti i successi più clamorosi nell’ambito della doppia mediazione dipendono dall’indifferenza reale o simulata”:nella dialettica servo-padrone, la padronanza ricompensa sempre quello che meglio sa nascondere il proprio desiderio.
Quella che potremmo definire “legge dell’indifferenza” è fortemente presente in Sogno di una notte di mezza estate e tocca sia il rapporto tra Elena e Demetrio sia quello tra Demetrio ed Ermia.
Demetrio, prima di essere stregato, mostra nei confronti di Elena non solo un’indifferenza profonda, ma anche odio: più volte la invita ad allontanarsi, a lasciarlo in pace, a non seguirlo, ma ottiene solo l’effetto opposto, cioè una maggiore attenzione e una crescita d’amore da parte della giovane ateniese. Nel bosco infatti Elena confessa tutto il proprio amore a Demetrio, sottolineando il potere che il giovane ha di attirarla “mi attiri tu, la tua dura calamita che è il tuo cuore”, arrivando addirittura ad affermare che proverà gioia se ad ucciderla sarà la mano che ama tanto; come risposta ottiene soltanto un profondo disgusto da parte di Demetrio nei suoi confronti e una perplessità che il giovane ateniese ha verso gli atteggiamenti adoranti della ragazza contrapposti all’asprezza del suo comportamento, atteggiamenti che non dovrebbero stupire quanti conoscono la teoria girardiana.
Sulla relazione tra Elena e Demetrio, non possiamo fare a meno di notare che Elena svolge il ruolo di servo e Demetrio detiene la padronanza, nella cosiddetta “doppia mediazione”: Demetrio sa di possedere il servo, quindi altro non è che un masochista, un padrone annoiato, cui solo l’insuccesso può far passare la perpetua delusione del perpetuo successo: Demetrio ha bisogno di un mediatore invulnerabile a tutti i suoi tentativi; lo trova in Ermia.
Anche nel rapporto tra Ermia e Demetrio, l’indifferenza della ragazza verso il giovane gioca un ruolo importante: più Ermia respinge Demetrio, più il giovane è attratto da lei. Infatti quando si confida con l’amica Elena, la giovane ateniese mostra un certo disgusto nei riguardi di Demetrio, il quale più lei lo guarda torva, lo maledice, lo odia, più le viene dietro, arrivando a chiederle “perché rimproveri chi ti ama tanto?”
Sul ruolo dell’indifferenza, parole di Girard sono illuminanti: “L’indifferenza non è mai semplicemente neutra, non è mai mera assenza di desiderio. Appare sempre a chi la osserva come la facciata esteriore di un desiderio di se stessi. Ed è questo presunto desiderio che si fa imitare. (…)L’indifferente sembra possedere l’aurea padronanza, della quale tutti noi cerchiamo il segreto”.
Ermia, innamorata di Lisandro, rappresenta per Demetrio una sicura fonte di insuccesso. Il masochista, nel nostro caso Demetrio, prova per la donna che lo ama, Elena, disgusto, mentre si rivolge appassionatamente a chi lo disprezza umiliandolo, Ermia, che ha agli occhi di Demetrio un’autonomia praticamente divina: in questa doppia mediazione, è Ermia che ha il ruolo del padrone e Demetrio che si presenta come schiavo, inevitabilmente attratto dal padrone che lo respinge e lo disprezza e che rivolge il proprio sguardo altrove, verso Lisandro.A partire dalla doppia mediazione si possono sviluppare figure più complesse: in questo caso abbiamo due doppie mediazioni: quella che coinvolge Elena e Demetrio e quella che riguarda Demetrio e Ermia, con un punto di collegamento rappresentato da Demetrio stesso; dalla somma di queste due doppie mediazioni, nasce una figura più complessa. In generale abbiamo che anziché prendere come mediatore uno schiavo, il soggetto sceglie un terzo individuo, creando così dei “triangoli a catena”: il personaggio che faceva la parte di mediatore nel primo triangolo, fa la parte di schiavo nel secondo; in “Sogno di una notte di mezza estate”, Demetrio, che nel primo triangolo della doppia mediazione fa la parte del padrone-mediatore, nel secondo triangolo della doppia mediazione è lo schiavo.

>>FEDE

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