martedì 1 novembre 2011

IL VINCITORE CHE GIUDICA IL VINTO

Grazie al pezzo di Davide Colombini il nostro blog apre all'attualità nella sua concretezza, riproponendo dopo la morte di Gheddafi, il problema apertosi con il processo di Norimberga, sul ruolo della giustizia internazionale e il suo rapporto con l'autodeterminazione dei popoli.


Gheddafi è stato ucciso. Un colpo alla testa ha sancito definitivamente la fine
del suo pluridecennale regno, ormai al tramonto dall’inizio dei
conflitti in Libia nel febbraio di quest’anno. A poche ore dalla
sua morte, fra tutti i commenti che passavano sui vari media, quello
che mi ha più colpito è stato: “Andava catturato vivo, doveva
essere sottoposto a processo”.
Questa storia del processo ai dittatori, ai cosiddetti “criminali
di guerra” nasce con Norimberga. Prima di allora non esistevano
casi di vincitori che, vinta una guerra, avessero la pretesa di
imbastire dei processi per giudicare gli sconfitti. Uno dei principi
alla base degli ordinamenti giuridici di tutto il mondo è che il
giudice deve essere una figura terza, imparziale ed equidistante
dalle parti in causa. A Norimberga, invece, i capi nazisti vennero
processati da una corte composta da giudici inglesi, francesi,
americani e russi, cioè da giudici degli Alleati: non si trattava di
un processo, bensì di una messa in scena ideata per sancire
solennemente il trionfo dei vincitori sui vinti. Prima di Norimberga
non esisteva una Corte Penale Internazionale, dopo Norimberga si. Il
problema è che, per essere credibile, un sistema giudiziario deve
fare capo ad uno stato sovrano. Se il tribunale è “internazionale”
dovranno esserci leggi “internazionali”, e quindi uno stato
legiferante “internazionale”. Purtroppo però lo stato
sovranazionale di fatto non esiste, e quindi le leggi internazionali
vengono fatte rispettare solo ad alcuni, non a caso quelli che si
oppongono all’egemonia mondiale degli Stati Uniti e dell’Occidente.
La Corte Penale Internazionale non è quindi imparziale. I perdenti
vengono giudicati colpevoli di crimini contro l’umanità, mentre i
vincitori, sebbene spesso responsabili di atrocità non molto
differenti, non vengono nemmeno sfiorati. Questo sarebbe un
tribunale? Piuttosto sembra uno strumento per levare di mezzo
“legalmente” certi personaggi. E’ stato così per i nazisti, ma
anche per Saddam Hussein e lo stesso sarebbe stato per Gheddafi. Non
sto dicendo che questi dittatori non meritassero di “pagarla cara”,
dico solamente che il loro destino dovrebbe essere deciso dai loro
connazionali, come è successo con Gheddafi, che è morto
brutalmente, raccogliendo i frutti di ciò che aveva seminato,
risparmiandoci un’altra farsa alla Saddam Hussein, in cui un nemico
vinto viene giudicato e giustiziato in nome di leggi e ideali che poi
i mandanti dei giudici sono i primi a violare.
Davide Colombini http://bimunada.wordpress.com/2011/10/22/il-vincitore-che-giudica-il-vinto/

Nessun commento:

Posta un commento