domenica 27 novembre 2011

VisioniAlternative: Garage (2007)




Questa nuova puntata di VisioniAlternative è dedicata all’Irlanda: l’isola di smeraldo può vantare alcuni registi di fama internazionale come il premio Oscar Neil Jordan e Jim Sheridan. Oggi però voglio parlarvi di un piccolo film che porta una firma semisconosciuta ascrivibile a una nuova generazione di cineasti irlandesi.

GARAGE di Lenny Abrahamson. Questa pellicola, presentata a Cannes nel 2007, ha ricevuto lo stesso anno il premio per il Miglior Film alla 25. ema edizione del Torino Film Festival (a proposito, l’edizione 2011 della manifestazione ha preso il via nel capoluogo piemontese venerdì e continuerà fino al 3 dicembre). Stiamo parlando di un film che fa della  semplicità e dei toni lievi e dimessi il suo punto di forza.

Il protagonista Josie, un uomo grande e grosso e “buono come il pane”, conduce una vita solitaria alla periferia di una cittadina immersa nella verde campagna irlandese, gestendo quotidianamente una piccola stazione di servizio con annessa pompa di benzina. Josie è orgoglioso del proprio umile lavoro e ostenta una moderata soddisfazione anche riguardo a una quotidianità che riserva ben poche emozioni, fatta di passeggiate solitarie per le stradine dei dintorni, che tanto bene fanno alla sua anca malandata, e poche parole scambiate con gli sporadici clienti della sua pompa di benzina. Purtroppo però la sua testa non ragiona alla stessa velocità delle altre persone: Josie infatti è mentalmente ritardato e le sue difficoltà nel rapportarsi con gli altri sono evidenti. Un disagio questo che lo porta ad assecondare sempre il suo interlocutore e gli impedisce di esprimere compiutamente i propri sentimenti, condannandolo a relazioni sporadiche e superficiali e a una condizione di generale isolamento. Le cose per lui cambiano quando alla sua rimessa arriva David, un quindicenne figlio dell’attuale compagna di Gallagher, il proprietario della stazione di servizio e capo di Josie, per aiutarlo nel lavoro durante i week-end. Josie prende molto sul serio la situazione e incomincia a insegnare il mestiere al suo aiutante il quale a poco poco ,dall’iniziale diffidenza nei suoi confronti, instaurerà con Josie una timida amicizia. Questo nuovo rapporto sconvolgerà la vita ripetitiva e abitudinaria del benzinaio, con conseguenze drastiche, e non solo positive.

“Garage” è un film molto triste, velato di un costante senso di malinconia. A colpire è la crudeltà della vicenda, che si svela solo nel finale e sembra dirci che non esiste possibilità di riscatto per chi porta su di sé l’etichetta di “diverso” e per questo è emarginato dalla comunità. Josie incarna il prototipo dello “stupido” del villaggio, che tutti trattano con condiscendenza  e compassione ostentando gentilezza e buone maniere, ma che in realtà è irrimediabilmente escluso dalla vita del paese. Se tutti si comportano  bene con il buon Josie e si mostrano suoi amici è più per una questione di “etichetta” e di un ipocrita senso di pietà verso i più deboli che appartiene alla morale comune, che non per reale interesse e disponibilità nei suoi confronti. Tutto ciò si rivela chiaramente nel momento in cui il “diverso”, tollerato finché riveste un ruolo “utile” alla collettività e non invade la vita altrui, si macchia di una colpa, seppur lieve, e subito viene additato e condannato proprio in virtù del suo essere diverso, anormale, e quindi meritevole di biasimo e rifiuto da parte della gente “normale”.

In realtà nel rappresentare una realtà dei fatti dura e senza appello, il regista sembra volerci comunicare qualcos’altro. La diversità di Josie infatti non consiste tanto nel suo ritardo mentale. Questa convinzione si fa largo man mano che il film procede osservando i personaggi che ruotano attorno al protagonista. Josie, con la sua ingenuità e bontà tipicamente infantile, quasi primigenia (molto significative sono ad esempio le scene in cui il protagonista va a trovare un cavallo legato nelle vicinanze del luogo dove lavora e si intrattiene con lui accarezzandolo e dandogli da mangiare) dimostra, anche se talvolta in modo maldestro, molta più umanità, altruismo e apertura al prossimo della maggior parte delle persone con le quali entra in contatto. Ognuna di esse porta infatti con sé le proprie  meschinità e perversioni (dagli uomini del paese alcolizzati e violenti alla giovane e “arrabbiata” ragazza madre della quale Josie è segretamente innamorato, agli adolescenti del luogo costretti a crescere in un contesto di generale degrado e anaffettività). Josie sembra quindi pagare e rivestire il ruolo di vittima per la sua condizione di “diverso”, ovvero migliore degli altri piuttosto che inferiore. Migliore perché capace di trovare una sua serenità e pace interiore nello stile di vita semplice che conduce, la stessa vita che per gli altri è solo squallida e fonte di frustrazione e che a lui invece ispira una “ingenua” felicità.

“Garage è un film molto particolare per lo stile di regia minimalista, le inquadrature fisse e i tempi dilatati, i dialoghi semplici e ridotti all’osso e i lunghi silenzi che però non annoiano e sono sempre funzionali alla rappresentazione del personaggio e dell’ambientazione. I luoghi in cui è ambientata la vicenda rendono onore alla fama della “verde” Irlanda, e impreziosiscono ulteriormente la pellicola, così come l’interpretazione degli attori. Ottima la prova offerta dal protagonista, il semisconosciuto Pat Shortt, che dà vita a un personaggio memorabile nella sua goffaggine e insicurezza, che nella sua semplicità e umiltà arriva ad essere una presenza scomoda per chi gli sta attorno.


La frase da ricordare:

(Josie a chi gli chiede a che cosa sta pensando):

 A niente … Pensavo a quello che ho nella testa: niente.


/Fabio/ 



Trailer italiano di "Garage": http://www.youtube.com/watch?v=d-JrX31li_Q

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