martedì 15 novembre 2011

Bertrand Russell: sulla religione e l'atei(eri)smo

BERTRAND RUSSELL

SU DIO E LA RELIGIONE
Tratte da un’intervista televisiva concessa nel 1959, Bertrand Russell rispose a diversi interrogativi che gli vennero posti dall’intervistatrice: da essi possiamo quindi ben comprendere la sua visione del mondo. Alla domanda sul perché egli non sia cristiano, il filosofo-matematico replicò con la logica affermando che non esiste prova alcuna circa i dogmi cristiani, come non esistono argomenti logicamente validi che dovrebbero provare l’esistenza di dio. Sul fatto se esista o meno una religione pratica adatta ad ogni persona (o meglio, gruppo di persone), anche qui il gallese fu categorico: infatti, dichiarò impossibile l’esistenza di una religione pratica, poiché ogni religione – in quanto tale – crede nel falso.
La logica ovviamente impone di credere solo nel vero e di ritenere inconfutabile ciò su cui si nutrono dei dubbi: se qualcosa difatti non è possibile ritenere né vera né falsa su di essa il giudizio rimarrà in sospeso. Chiuse tale risposta ribadendo che è assai scorretto decidere di mantenere un credo per il fatto che esso si riveli più utile che vero. Per quanto riguarda l’esistenza di un codice religioso ideale per vivere, Russell si espresse chiarendo sul possibile insorgere di fraintendimenti quando si parla appunto di religione, aggiungendo che: la razionalità non è un elemento che si trova nella morale tipica di epoche che egli stesso definì barbariche. A proposito del quesito se sia più facile affidarsi ad un’imposizione esterna anziché alla propria etica personale (tipica delle persone forti, come aggiunse l’intervistatrice), lo scrittore definì
tale imposizione priva di valore.
Alla domanda se fu cristiano, egli rispose dicendo che: sebbene tra i 15 ed i 18 anni s’impegnò a cercare di capire il motivo per credere ai dogmi cristiani, alla fine realizzò di non averne trovato alcuno. Se ciò gli abbia conferito forza o debolezza, Bertrand Russell semplicemente replicò di non aver ricevuto né l’una ne l’altra, bensì di essersi solo impegnato costantemente per conseguire il suo percorso di conoscenza. La vita dopo una morte la ritenne meramente una sciocchezza, negandola con schiettezza. Nell’ultima domanda, gli si chiese se un ateo od un agnostico si potessero mai convertire in punto di morte, egli rispose dicendo che ciò poteva accadere davvero raramente, come all’opposto si crede. Concluse affermando che molti religiosi ritengono virtuoso che gli agnostici mentano sul letto di morte, anche se ciò è assai raro.


L’ANALOGIA DELLA TEIERA
Concludendo, il matematico Richard Dawkins, in un suo recente monologo, riprende l’analogia della teiera che rese famoso Russell al fine di testimoniare l’esistenza dell’ateismo (seppur scientifico: a-teierismo) dell’essere umano: la teiera cinese in questione, sebbene girasse attorno al sole sospesa nello spazio, è da ritenersi confutabile poiché non individuabile nemmeno con l’uso del più potente dei microscopi… figuriamoci dall’occhio umano! È di fatto ovvio per ognuno di noi ritenere lunatico colui che crede nel confutabile, ma è qui che viene il bello…
Cosa accadrebbe se la teiera divenisse una religione e se su di essa venissero scritti libri sacri o se venisse insegnata nelle scuole o dagli anziani della tribù? Diverrebbe lunatico colui che giustamente e razionalmente rifiuterebbe e si opporrebbe attivamente a tale dogma poiché irrazionale. Sebbene alcune persone credano o abbiano creduto in fate, unicorni, hobgoblin, Thor ‘dio del tuono’, Amon- Ra o Afrodite – ovvero in esseri caduti nell’oblio – non è detto che chi creda in uno o più déi “attuali” venga ritenuto un credente comunque superiore a chi crede tutt’oggi (o abbia creduto in epoche remote) in queste entità: pertanto non esistono figli di dei minori, ma solo persone che si appellano ad un dio più in là… come dice appunto Dawkins, ed avrebbe detto Russell.

Andrea Danile

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