domenica 13 novembre 2011

Risposta a Fede: TV educativa e TV d'intrattenimento

La scorsa settimana, la nostra coamministratrice ha pubblicato uno "sfogo" sulla scarsa presenza di cultura in televisione. Qui la Risposta di Davide Colombini nel suo blog "Il polemista" http://bimunada.wordpress.com/2011/11/08/risposta-a-fede-tv-educativa-e-tv-dintrattenimento/

In un post intitolato “Perdonate lo sfogo…”, Fede, collaboratrice del blog “L’uomo mediocre” (http://fbmcssblogblogger.blogspot.com/2011/11/perdonate-lo-sfogo.html), apre un’interessante discussione sul ruolo dei mass media, in particolare della TV, rispetto ai fatti di cronaca. Si chiede come mai i programmi siano costruiti ad hoc per cavalcare questi fatti di cronaca, come sia possibile che schiere di opinionisti tuttologhi (che è come dire nullologhi) affollino questi programmi, improvvisandosi crimilologi, psicologi, filosofi, eccetera eccetera. Da buona filosofa, l’autrice del pezzo si chiede dove sia, in tutto ciò, la kultur (la cultura e la civiltà).

Credo che per rispondere a questo quesito si debba analizzare lo sviluppo storico della televisione italiana, e il profondo mutamento di ruolo che essa ha avuto dagli anni ’50 ad oggi. Alla sua nascita, la televisione italiana aveva principalmente due ruoli: quello di propaganda elettorale e quello educativo.

L’importanza del controllo della TV per fini elettorali è evidente dall’ostinazione con cui il PCI cercò per tutto il dopoguerra di conquistare spazi televisivi e dall’altrettanto ostinata resistenza della DC a non concederglieli. Questo ruolo politico della televisione è rimasto inalterato durante gli anni ’70 e ’80, con la lottizzazione, e vale più che mai oggi (fra l’altro, sarebbe utile far notare a quelli che ancora dicono che “la TV non sposta voti”, che sia la DC, che ha governato per tutto il dopoguerra, sia i socialisti, che si sono fatti una manciata di anni, sia Berlusconi che ha sul groppone quattro governi, hanno avuto il controllo della stragrande maggioranza delle reti).

L’altro ruolo, quello educativo, è evidente dal contributo fondamentale che la televisione, insieme ai giornali, dette all’unificazione linguistica del paese. La televisione della prima Rai era formale, composta e un po’ noiosa, proprio come una maestra o una professoressa. L’italiano parlato su quella televisione era di un livello molto superiore a quello parlato dalla gente comune, la corretta dizione era un requisito fondamentale per ogni giornalista televisivo e per ogni presentatore, con la significativa eccezione di Mike Buongiorno, che fin da subito spiccò per il suo essere “popolare”, più simile ai suoi concorrenti che ai colleghi (caratteristica che gli garantì il successo).

A differenza del ruolo elettorale, che si è conservato fino ad oggi, e anzi, si è forse rafforzato visto l’aumento esponenziale degli apparecchi televisivi nelle case degli italiani rispetto agli anni ’50, il ruolo educativo della televisione si è perso del tutto. Questo non significa che gli individui non apprendano mode e costumi dalla televisione, tutt’altro; ciò che è venuta meno è l’intento educatore della televisione. La funzione che ha sostituito la didattica è quella dell’intrattenimento. Con l’avvento della TV commerciale anche il programma televisivo è diventato un prodotto da consumare. In quest’ottica è evidente che tutto si ribalta. Se prima avevamo una televisione culturalmente più elevata rispetto alla popolazione italiana (che, di conseguenza, tendeva ad innalzare il livello culturale dei telespettatori), ora abbiamo una televisione che cerca di appiattirsi sul livello culturale più basso. Ciò significa, nella prassi, che il prodotto dovrà cercare di assecondare gli istinti più viscerali della natura umana, come l’attrazione morbosa verso la morte (quindi tutti i tg mettono fra i primi titoli la cronaca nera e si fanno interi programmi incentrati solo su un delitto) e l’attrazione sessuale (quindi tutti i programmi si riempiono di veline e letterine). Questo tipo di televisione non parla alla mente, ma alla pancia. Chiedere allo spettatore di ascoltare una dissertazione filosofica di un intellettuale, cioè parlare con il linguaggio della razionalità, comporta uno sforzo da parte dello spettatore stesso; e la fatica, si sa, è sempre mal sopportata. Quindi si cambia canale. Ecco che quindi si decide di puntare sempre alla pancia, piuttosto che alla testa: le parole fanno audience non se sono messe in fila correttamente, ma se sono gridate. E’ ovvio che questo tipo di televisione non alzi il livello culturale dello spettatore, al contrario, assecondando le sue bassezze, lo rende peggiore. Un circolo vizioso. Per meglio capire gli effetti devastanti di questo abbassamento, basta pensare alla lingua: su Youtube si trovano filmati tratti da vecchie trasmissioni della Rai, basta ascoltarli per rendersi conto dell’abissale differenza che c’è fra quella dizione perfetta e il romanesco di Amendola o Taricone. Basti pensare alla differenza fra il linguaggio di giornalisti d’altri tempi, come Piero Angela e Corrado Augias, e giornalisti attuali come Michele Santoro (con i suoi “va be’”) ed Enrico Mentana (con i suoi “Eeeeeh” fra una frase e l’altra).

La televisione attuale, che con l’unico scopo di fare ascolti, viene ritagliata perfettamente sulle caratteristiche peggiori dell’italiano medio. Fede si chiede come mai si fanno talk show in cui personaggi dalla dubbia autorità in materia di psicologia si improvvisano psicologi ecc ecc. Che domande, quelli siamo noi. Le chiacchiere a vanvera degli opinionisti sono come le nostre chiacchiere da bar con gli amici. I discorsi di quei personaggi sono come i pettegolezzi di paese proiettati su scala nazionale. E’ questo il motivo del successo di quei programmi. Se al posto loro mettessero dei professoroni, immediatamente il discorso si alzerebbe di livello, diventerebbe noioso per tutti coloro che ne sanno meno nel professore (cioè la maggior parte dei telespettatori), e gli ascolti calerebbero. Questo gli autori lo sanno bene, e agiscono di conseguenza.

La soluzione più indicata per uscire da questa situazione sarebbe, credo, quella di reinventare la TV educativa cercando di renderla meno noiosa, così da ottenere un programma di alto livello con numerosi ascolti.

Davide Colombini

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