martedì 29 novembre 2011

Un romanzo per la vita: D. H. Lawrence romanziere e critico letterario

Premessa: L’attività narrativa di D. H. Lawrence
La carriera letteraria di Lawrence cominciò nei primissimi anni del Novecento e fu incoraggiata da Ford Madox Ford, che ne pubblicò poesie e racconti sulla rivista da lui diretta, The English Review. Già in questi primi lavori Lawrence si concentrò sui temi che saranno approfonditi nei suoi romanzi: il racconto Odour of Chrysantemums per esempio, pubblicato da Ford nel 1911, mostra il complesso rapporto tra una donna e il marito minatore, basato sulla distanza, che viene colmata da un attaccamento alla terra da parte dell’uomo. Questo rapporto non ha via d’uscita se non con la tragica morte del marito, motivo di turbamento profondo per la moglie.[1] Sin da subito, quindi, la problematicità dell’amore, inserita in un contesto sociale ancora arcaico, lontano dalla disprezzata civiltà industriale, si rivela uno dei Leitmotiv della narrativa lawrenciana.
I romanzi riprendono il filo rosso che si manifesta già nei racconti: il contrasto tra una società ancora arcaica e comunitaria e la civiltà occidentale; il conflitto tra ragione e istinto; il desiderio di emanciparsi dalle convenzioni attraverso il contraddittorio rapporto tra uomo e donna, che si rivela complicato e doloroso. In The Rainbow (1915) l’autore narra le vicende di una famiglia nel corso di tre generazioni, sul modello di un altro grande Familienroman del Novecento, Die Buddenbrooks del tedesco Thomas Mann. The Rainbow è il “romanzo del matrimonio”[2]: Lawrence infatti analizza il cambiamento del rapporto tra uomo e donna attraverso le tre generazioni della famiglia Brangwen nel contesto di un’altra trasformazione, quella della società che da rurale e comunitaria diviene via via meccanizzata, individualizzante e alienante.
L’esperienza sessuale è quindi centrale in un mondo che si sta disgregando troppo velocemente; essa è percepita da Lawrence come uno strumento con cui l’uomo può mantenere un contatto con la propria natura. Si tratta di un legame che porta con sé qualcosa di mistico, che permette all’uomo e alla donna di esperire il mistero e il miracolo della vita che si rinnova in eterno, e che per questo è molto fragile: entrambi devono saper riconoscere e rispettare l’alterità dell’altro senza rinunciare alla propria individualità, cercando di raggiungere un non facile equilibrio che renda possibile e fortifichi il rapporto. Il coronamento dell’amore è la maternità, che però comporta nell’uomo una serie di reazioni contrastanti: da un lato infatti ne è affascinato, ma dall’altro ne è spaventato, perché vede nella donna un temibile nemico che ha la possibilità di creare e portare in grembo la vita, cosa a lui preclusa e che inevitabilmente acuirà l’estraneità della moglie.
La speranza di un rapporto migliore con l’altro sesso è coltivata da Ursula, figlia della seconda coppia presa in considerazione nel romanzo The Rainbow. Speranza che però si dissolve in Women in Love, scritto durante la guerra e accompagnato da una progressiva disillusione dell’autore di fronte agli orrori del conflitto mondiale. La fattoria dei Brangwen è stata abbandonata, Ursula prosegue l’insegnamento e la sorella inizialmente conduce un vita d’artista a Londra, città simbolo del “tramonto dell’Occidente”[3], del disgregamento dei valori tradizionali: il legame con la terra, l’unione matrimoniale, la famiglia. Le sorelle Brangwen cercano di fuggire da questi legami che considerano costrittivi attraverso l’amore con due giovani, Gerald Crich e Rupert Birkin, un amore vissuto con l’istinto, che è contemporaneamente lotta e appagamento, ma che non sarà suggellato, nel caso di Crich e Gudrun, da un anello nuziale, simbolo di un’istituzione tipicamente vittoriana. Al contrario, Crich considera Gudrun una sostituta della madre, intesa come fonte di vita in quanto donna, e si getta tra le sue braccia disperatamente dopo la morte del padre, prefigurando la propria distruzione.[4] Nella parte finale del romanzo, infatti, questo rapporto si farà talmente conflittuale che porterà Crich a tentare di uccidere la giovane. Proprio in questo tentativo, però, sarà lui a trovare la morte.[5]
Birkin, invece, corona l’amore con Ursula con il matrimonio, ma sente il forte bisogno di allearsi con l’amico per sfuggire a una realtà che gli sembra fortemente matriarcale. Necessita di un legame con un uomo, che però si rivela un’inconcludente utopia, a causa della presenza nemica di Gudrun, che distruggerà l’autonomia di Crich.

In questi primi romanzi, Lawrence continua a vedere l’amore come un legame irrinunciabile ma inevitabilmente accompagnato da una lotta, talvolta distruttiva, sia con l’altro membro della coppia sia con le convenzioni tradizionali, in cui i suoi personaggi non credono più perché ormai atrofizzate e portate avanti con inerzia. Esse rischiano di bloccare il vitalismo, l’energia, l’istinto umano, in amore come in ogni ambito della vita quotidiana. Un nuovo rapporto fra i sessi è invece al centro dell’ultimo romanzo, Lady Chatterley’s Lover (1928), pubblicato autonomamente a Firenze. I due protagonisti, Constance Chatterley e l’amante Mellors, vivono la loro relazione adultera senza falsi pudori, con una tenerezza che sta alla base del rapporto sessuale, e che mostra una concezione del sesso vissuto senza malizia, come esaltazione dell’amore, della vita, del contatto con la propria natura. Questa dimensione deve essere recuperata per superare la corruzione della civiltà industriale, che ha allontanato gli uomini dalla consapevolezza del proprio corpo a favore di una falsa spiritualità e ha provocato una concezione malata e corrotta del sesso. Proprio per questo il romanzo andò incontro alla reazione scandalizzata della critica, che portò nel 1929 alla condanna e al sequestro sul suolo inglese.

Dalla pratica alla teoria: Lawrence critico del romanzo
Recentemente mi è capitato di imbattermi in sei saggi in cui Lawrence illustra la propria poetica narrativa. L’esigenza di una riflessione teorica nasce nel 1923, quando Lawrence scrive “The Future of the Novel”, “Il futuro del romanzo”. Innanzitutto opera una distinzione tra il romanzo di prim’ordine, come l’Ulisse di Joyce e À la recherche du temps perdu, Alla ricerca del tempo perduto, di Proust, e il romanzo popolare, come Babbitt di Sinclair Lewis. Dopodiché si concentra soprattutto sulla prima tipologia, riconoscendone il valore letterario e la forte intensità conoscitiva. Ma ne rimprovera la minuta analisi introspettiva, poiché distoglie l’attenzione dalla vera realtà e dalla vera vita, che si trovano al di fuori di sé, nelle relazioni instaurate con gli altri. Soltanto recuperando questa dimensione il romanzo sarà davvero in grado di dare un contributo significativo per la conoscenza della realtà in tutti i suoi aspetti.
Nei successivi saggi, risalenti tutti al 1925, Lawrence continua a delineare il suo pensiero riguardo al ruolo del romanzo nella società, dando per prima cosa un’interpretazione antirealistica e antinaturalistica dell’arte in genere. Nel saggio “Art and Morality”, “Arte e moralità”, egli si occupa infatti di pittura, disciplina per cui nutre un profondo interesse e che considera la più adeguata premessa al discorso sul romanzo degli altri saggi.
Egli sceglie come modello di questa concezione artistica il noto pittore Cézanne, fautore di un recupero della corporeità attraverso la pienezza delle forme e la ricchezza del colore, con cui si proponeva di riprodurre sulla tela l’emozione suscitata dall’osservazione degli oggetti nella realtà. Con l’essenzialità della sua pittura egli riuscì a superare la tendenza tipica dell’arte occidentale a rappresentare la realtà con precisione fotografica, fermandosi alla superficie visibile senza riuscire a penetrarla e cogliere nella rappresentazione la vita che anima tutti gli elementi del cosmo e il divenire delle loro relazioni, non visibile a uno sguardo superficiale poiché appartenente a una dimensione ignota che prende corpo proprio nel dipinto.
Lo stesso vale per il romanzo: nel saggio “Morality and the Novel”, “Moralità e romanzo”, Lawrence sviluppa una riflessione di tipo etico, introducendo il concetto di romanzo “morale”. Si tratta di un’opera in cui la vita viene rappresentata con sincerità, in tutti i suoi aspetti, senza dover necessariamente rispettare convenzioni di tipo tematico, strutturale e sociale che Lawrence considera obsolete e che renderebbero la narrazione parziale e quindi falsa. Per chiarire la sua posizione, egli fornisce un esempio di romanzo che considera non morale nel saggio “The Novel”, “Il romanzo”: si tratta di Anna Karenina di Tolstoj, in cui l’interpretazione morale dell’autore tenta di minare quello che Lawrence ritiene il vero messaggio veicolato dal testo. La sincera passione tra i due protagonisti, Anna e l’ufficiale Vronskij, seppur raccontata magistralmente, soccombe sotto il peso schiacciante delle convenzioni sociali: Anna è un’adultera che non potrà mai più reintegrarsi nella società russa, dominata dal conformismo borghese. Condannando questa relazione con la morte della protagonista, Tolstoj trasmette un messaggio che Lawrence non condivide, poiché invita a sacrificare la propria natura in nome di convenzioni e valori morali imposti dalla società.
In “Why the Novel Matters”, “Perché il romanzo conta”, egli vuole al contrario dimostrare che, in un’epoca come il primo Novecento, in cui l’uomo è stato privato di valori certi, l’unica moralità consiste proprio nel non imporne una, lasciando che la vita fluisca naturalmente, senza forzarne l’andamento con il romanzo, genere a cui Lawrence attribuisce il primato conoscitivo poiché può mostrare all’uomo come vivere veramente. Perché ciò sia possibile, come si legge nell’ultimo saggio, “The Novel and the Feelings”, “Il romanzo e i sentimenti”, è necessaria una rappresentazione della vita nella totalità dei suoi aspetti, che ripristini l’originario equilibrio tra razionalità e istinto messo in discussione dalla civiltà occidentale. L’uomo si è infatti illuso con la cultura e la civilizzazione di aver raggiunto un livello di conoscenza molto elevato, sempre perfettibile, che secondo Lawrence manca però di una componente fondamentale: la conoscenza dell’aspetto più irrazionale e istintivo della natura umana. Esso prende vita nella nostra interiorità, che paragona a una foresta abitata da creature indomabili, i “feelings”, i sentimenti. Reprimendoli, la civilizzazione ha provocato un livello di degenerazione che solo il romanzo, e non certo la psicanalisi, guardata con diffidenza, può curare.
Forte è dunque la sua fiducia nei confronti del romanzo per risollevare le sorti della società contemporanea, che si aggrappa disperatamente a una tradizione e a una serie di valori ormai in dissolvimento, e che necessitano di un rinnovamento. In base a queste considerazioni è dunque opportuno inserire la riflessione di Lawrence all’interno del Modernismo, desideroso di affrancarsi dalla tradizione ereditata dal secolo precedente per dare spazio a una nuova idea di arte, che rispecchi le esigenze rinnovate di un’umanità sempre più priva di certezze come era quella della prima metà del Novecento, e come forse è tuttora.

[1] Cfr. S. Albertazzi, Introduzione a Lawrence, Editori Laterza, Roma-Bari 1988, p. 5
[2] Ibid., p. 39
[3] O.Spengler, Der Untergang des Abendlandes (1918), trad. it., Il tramonto dell’Occidente: lineamenti di una morfologia della storia mondiale, Longanesi & C., Milano 1981
[4] Cfr. Albertazzi, op. cit., p. 55
[5] “Eros e Thanatos” è l’espressione utilizzata dalle storie letterarie per fare riferimento a questa compresenza di amore e morte, soprattutto durante il Decadentismo. L’amore e le morte sono per esempio protagonisti di un romanzo del grande Gabriele D’Annunzio: si tratta de Il trionfo della morte (1894), in cui il protagonista Giorgio Aurispa muore gettandosi da una rupe insieme all’amata-odiata Ippolita Sanzio, donna dotata di una potente carica sensuale, nella quale Giorgio vede una minaccia per il proprio tentativo di rinascita da una condizione di inettitudine,debolezza, inferiorità. Come Giorgio, anche Crich dunque non riesce a svincolarsi dalla potente figura femminile di Gudrun se non tramite la morte.



Roby <^>

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