lunedì 9 gennaio 2012

Il locus di controllo e scelte intertemporali

La tendenza a ritenere controllabili gli eventi differisce da individuo ad individuo e secondo Rotter (1966) o le persone percepiscono un legame tra il loro comportamento e i risultati ottenuti, o al contrario non percepiscono alcun legame. Questa particolare disposizione mostra come gli individui tendono a valutare un certo esito come il risultato dell’intervento positivo della fortuna, del fato o del caso, oppure come un esito sotto il controllo di altre persone o solo imprescindibile. Da qui la scissione tra persone che pensano di avere un controllo sui loro destini, e quindi dimostrano di possedere un locus di controllo interno, e quelli che pensano che la fortuna o l’altrui volontà determini l’orientamento del proprio destino manifestando quindi un locus di controllo esterno.
In realtà non esiste una distinzione così netta tra gli individui. In effetti, seppur sia presente in ciascuno una tendenza per un locus di controllo interno o esterno, sono molto rari i casi in cui queste due tendenze sono espresse in modo estremo. In questo senso, non sempre le persone con una tendenza per un locus di controllo esterno sottostimano le loro possibilità di controllare gli eventi della vita e non sempre persone con una tendenza per un locus di controllo interno pensano di poter controllare tutti gli eventi che accadono loro: molto dipende anche dalle circostanze, dalle aspettative e dall’evento che l’individuo deve affrontare.
Partendo indicativamente da questa differenziazione di condotta dei singoli, Rotter tracciò una “teoria dell’apprendimento sociale”, sostenendo che il locus di controllo dipenda strettamente dall’aspettativa degli individui verso il mondo. Se il locus dell’individuo è interno, l’atteggiamento del singolo di fronte agli eventi della vita sarà poco arrendevole e molto determinato nel cercare di raggiungere obiettivi e mete che egli percepisce cadere sotto il suo controllo. Il singolo si sentirà maggiormente responsabile delle sue azioni e avrà maggiori possibilità di successo. Proprio chi è più intelligente tende a manifestare un locus interno e a percepire gli eventi esterni come tutti soggetti al proprio controllo, favorendo l’acquisizione di maggiore consapevolezza delle proprie competenze e un maggiore padroneggiamento degli eventi che li coinvolgono. Differentemente gli individui che sviluppano un locus esterno presentano un atteggiamento più passivo rispetto agli accadimenti dell'esistenza e saranno presumibilmente più orientati ad accettare gli eventi anche quando potrebbe intervenire efficacemente nel modificarli. Non solo, ma da un punto di vista delle relazioni interpersonali, alcuni autori sostengono che sia maggiormente adattivo possedere un locus di controllo interno piuttosto che esterno. Infatti si è visto come la percezione di essere prevalentemente controllati da persone potenti si accompagni spesso ad un sentimento di sfiducia negli altri, mentre, al contrario, un comportamento di attenzione e soccorso nei confronti degli altri sembra sia caratteristico degli individui con un locus di controllo interno.

Un’ulteriore distorsione relativa al controllo delle proprie decisioni si verifica nelle scelte intertemporali, ovvero scelte che manifestano una sistematica tendenza umana a sottovalutare gli esiti presenti rispetto a quelli futuri. Un esempio è la “preferenza miope” di Loewenstein e Thaler (1989). I due studiosi evidenziano come i soggetti sembrano più disposti ad aderire ai suggerimenti se vengono apportate a loro prove visivamente evidenti (es: i pazienti sono più propensi ad abbandonare una prolungata esposizione ai raggi solari nel momento in cui i medici sottolineano la possibilità di in estetismi cutanei piuttosto che cancro).
Ma in che modo le neuroscienze potrebbero modificare il modello che descrive le scelte intertemporali?
Nel libro “Neuroeconomia, neuromarketing e processi decisionali” di F.Babiloni, V. M. Meroni e R. Soranzo, pubblicato nel 2007 dall’editore Springer, si è mostrato come gli esseri umani sembrino essere gli unici tra i viventi a preoccuparsi di fare sacrifici immediati tenendo presente le conseguenze future. Prima di tutto si afferma che la capacità di pensare alle conseguenze future è tanto importante che le preferenze temporali vengono messe in relazione con l’intelligenza. Secondariamente, molte persone sembrano effettuare scelte miopi quando si trovano sotto l’influenza di forti emozioni. Infine si potrebbe cercare di distinguere gli individui in base alla loro forza di volontà volta ad evitare tutti quei comportamenti guidati dall’instintività.
Un modello così delineato potrebbe aiutare a comprendere non solo l’impulsività ma anche casi limite come gli alcolisti che non riescono a fare a meno di bere e le persone così dette shopaholics che, anche incorrendo in ristrettezze economiche, non smettono di fare acquisti.
La Neurotica risulta essere proprio quella disciplina che attraverso esperimenti neuroscentifici si focalizza su microaspetti della razionalità dell’uomo, fornendo una visione fragile della natura umana oscillante tra diversi piani morali, razionali ed emozionali.
Nella contrapposizione tra razionalità ed emozioni non possiamo esimerci dal ricordare che quando si parla di controllo della sfera emozionale, non s’intende semplicemente evitare di “lasciarsi andare”, ma anche riuscire ad emozionarci un po’ di più, qualora tendessimo ad essere troppo cerebrali.
In luce a quanto è stato analizzato possiamo formulare un vero e proprio training personale di addestramento alla razionalità e alle emozioni ricercando un potenziamento delle nostre capacità. Quando ci accorgiamo di essere vittime delle emozioni potremmo cercare di spostarci sul razionale anche con dei semplici stratagemmi, concentrandosi per esempio su dei piccoli particolari, come dettagli o colori di un quadro, o perfino recitando delle tabelline numeriche.
Per diventare invece meno razionali, e spesso più piacevoli, occorre un lavoro preparatorio, che dà risultati meno immediati: bisogna imparare a rilassarsi, a concentrarsi sulle proprie sensazioni fisiche e mentali, ad abituarsi a provare piacere per le proprie percezioni.
Provare per credere!

Mariangela Lentini e Maria Corinna Traversa

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