lunedì 20 febbraio 2012

La religione nel contratto sociale di Rousseau- Parte I

La religione, considerata in rapporto alla società è divisa in tre tipi:

1. La religione del Prete
Il filosofo ginevrino considera la religione del Prete la più «bizzarra, che dando agli uomini due legislazioni, due capi, due patrie, li sottomette a doveri contraddittori», in questo modo si crea una contrapposizione tra religione e società civile, che porta alla distruzione dell’unità sociale.
Le tre Religioni appartenenti a questa specie sono il Buddhismo, lo Scintoismo e il Cristianesimo Romano, religioni così evidentemente cattive, soprattutto la terza, che «sarebbe solo una perdita di tempo cercare di dimostrarlo». Dal punto di vista politico queste religioni hanno insormontabili difetti che mettono in discussione la coesione politica-sociale dello stato.

2. La religione dell’Uomo
La religione dell’Uomo, ad una prima considerazione sembrerebbe essere la vera Religione, quella che Rousseau avrebbe intenzione di sostenere: è il vero Teismo, la Religione pura del Vangelo, che si limita al culto interiore e ai doveri della morale, rafforza la solidarietà e la fratellanza, può essere definita anche «diritto divino naturale». I “pregi” di questa specie di religione tuttavia si concludono qui.
Infatti, il ′vero Teismo′ causa un distacco dal corpo politico, non ha nessun interesse per lo stato, nessun amore per la patria, non permette di gioire a seguito di una vittoria in guerra, perché sarebbe simbolo di arroganza, né di disperarsi per una dolorosa sconfitta in battaglia, dato che le cose terrene non hanno alcun valore.
Per questo motivo una società di perfetti cristiani non sarebbe una società di uomini: ognuno farebbe il suo dovere, tutti sarebbero pronti a morire, anzi, sottolinea il filosofo ginevrino, questi cittadini sarebbero più pronti per la morte che per la vita, perché la loro patria non è di questo mondo.
Oltre ad evitare di appassionarsi alle cose terrene, l’ipotetica società di perfetti cristiani ha un altro punto debole: vivere secondo carità. Infatti «la carità cristiana non permette facilmente che si pensi male del prossimo», quindi chiunque può facilmente escogitare un modo per ingannare tali cittadini cristiani ed usurpare così il potere.
Questa religione ha un numero elevato di difetti quindi non può essere considerata la migliore religione possibile per uno stato.

3. La religione del Cittadino
Per religione del Cittadino Rousseau intende la religione nazionale con i suoi riti, i suoi dogmi prescritti dalle leggi e che considera ciò che è al di fuori della Nazione barbaro e infedele.
Questo culto unisce amore per la patria e culto divino, insegna i cittadini a servire lo Stato e Dio, e a considerare la patria un vero e proprio oggetto di culto e adorazione; la figura del Pontefice coincide con quella del Principe, i magistrati sono sacerdoti, l’autorità politico-civile e quella religiosa sono unite nelle mani delle medesime persone, garantendo la solidità dello stato.
Tuttavia questo tipo di religione ha dei difetti: infatti, concentrandosi sull’esteriorità del culto e sui vani cerimoniali, soffoca il culto autentico della divinità; inoltre può diventare esclusivamente tirannica e quindi intollerante e sanguinaria. Per questo necessita di dogmi stabiliti ed inviolabili, prescritti dalla legge.

I dogmi della religione civile e l’intolleranza
«I dogmi della religione civile devono essere semplici, pochi, enunciati con precisione[…] L’esistenza della divinità potente, intelligente, benefica, previdente e provvida; la vita futura; la felicità dei gusti; la punizione dei malvagi; la santità del Contratto Sociale e delle Leggi». Se alcuni di questi dogmi conseguono perfettamente dal ragionamento rousseauiano, quali la punizione dei malvagi e la sanità del Contratto Sociale e delle Leggi, che testimoniano ancora una volta l’importante ruolo svolto dal Contratto Sociale e la necessità di punire i crimini, altri dogmi creano numerosi punti interrogativi, in quanto si distanziano dal discorso fatto fino a questo punto del Contratto Sociale dal filosofo ginevrino: sicuramente l’inserimento tra i dogmi della ´vita futura´ crea importanti spunti di discussione. Perché considerare la ´vita futura´ un dogma quando Rousseau afferma chiaramente che le religioni che si basano sull’esistenza di una vita ultraterrena promuovono un distacco dalle cose di questo mondo e quindi dallo stato?
Il problema non è di facile soluzione; molti si sono interrogati sul valore della vita ultraterrena in Rousseau. Secondo il mio parere il filosofo di Ginevra cerca una mediazione tra aldiquà e aldilà; infatti è consapevole della necessità di affermare l’esistenza di una vita futura per i cittadini: ciò li porterebbe ad un maggiore rispetto delle leggi per timore di una punizione divina, ma nel contempo ritiene fondamentale per la stabilità dello stato altri sentimenti e passioni tipicamente terrene come l’amore per la patria, l’attaccamento alla vittoria, la disperazione per la sconfitta.
La mia soluzione al problema è quindi un uso funzionale della religione: i precetti del culto devono essere indirizzati al medesimo fine, la coesione e la stabilità dello stato.
Oltre ai «dogmi positivi», Rousseau elenca anche un dogma negativo: l’intolleranza. Il tema della tolleranza è molto caro al filosofo di Ginevra, e d’altronde non potrebbe essere altrimenti considerato il clima culturale in cui opera: conosce gli illuministi Diderot, D’Alembert e Voltaire, quest’ultimo in modo particolare autore del “Trattato sulla tolleranza”.
L’intolleranza per Rousseau è unica: non c’è distinzione tra intolleranza civile e teologica, le due sono inseparabili, infatti è impossibile vivere con chi riteniamo dannato senza che non vi sia qualche conseguenza civile. Ne consegue che «bisogna tollerare tutte le religioni che tollerano le altre».

>>FEDE

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